Grazia Paoletti*, 16 febbraio 2009
Le misure del Governo, il cosiddetto pacchetto anticrisi, appaiono assolutamente scarse ed insufficienti per quanto riguarda il loro ammontare; inadeguate, anzi, direi inadatte per il loro contenuto.
Si tratta di bonus per l'acquisto di auto, motorini, elettrodomestici in caso di ristrutturazione dell'abitazione. Sono interventi mirati al sostegno delle imprese ma implicano i consumatori come parte attiva. Ed appaiono dunque risibili se si pensa alla platea dei possibili "beneficiari". Consideriamo infatti per un momento la situazione e soprattutto le aspettative dei cittadini, dei presunti consumatori, gran parte dei quali vive di salari e stipendi o pensioni. Può trattarsi di lavoratori dipendenti, operai o impiegati, privati o pubblici, di anziani, di partite IVA, di lavoro autonomo di piccola dimensione, di artigiani o piccoli imprenditori o piccoli commercianti: insomma, quello che oggi è il ceto medio impoverito. E poi c'è il grande esercito dei precari. Una discreta fetta di queste categorie è rappresentata da coloro che non arrivano facilmente alla quarta settimana, talvolta a fatica anche alla fine della terza; coloro per i quali l'affitto o la rata del mutuo sono somme via via meno sostenibili: persone che dunque hanno in mente tutt'altro che cambiare l'auto, salvo che in casi urgenti e limitati quando questa è in "panne totale" ed è uno strumento di lavoro. Stesso ragionamento per i motorini.
Fra l'altro i bonus non coprono che una minima parte dei prezzi attuali di tali beni di consumo, trattandosi obbligatoriamente di acquistare modelli nuovi, non di usato.
Tanto più improbabili appaiono le ristrutturazioni edilizie, cui è legato l'incentivo per l'elettrodomestico nuovo, da parte dei soggetti sopra indicati alle prese con i problemi del quotidiano.
E' un'emergenza crescente per le famiglie far fronte ad imprevisti, soprattutto nel campo della salute: un costo forte è quello per le visite mediche ed altre prestazioni sanitarie non sempre fornite in tempi utili e tempestivamente dal SSN, per cui si ricorre al mercato privato, spesso a cifre immorali. Per i diversamente abili le tutele sono scarse ed in diminuzione.
Basta poi uno sguardo alle statistiche degli indebitamenti delle famiglie, al revival dei banchi dei pegni, per completare il quadro e rendersi conto che solo chi sta abbastanza bene potrà accedere ai bonus e incentivi suddetti. Mentre non c'è nessun vantaggio per le famiglie ed i cittadini meno abbienti. Occorre invece favorire, anzi incrementare il consumo dei mezzi necessari per vivere per questi soggetti.
Quella del governo non è una politica di gestione della domanda aggregata, che consiste nell'aumentare il reddito disponibile e quindi indurre ad accrescere le spese con una maggior propensione al consumo (che è inversamente proporzionale al reddito) e trainare così la produzione e magari gli investimenti. Di tale politica, ispirata a Keynes, non c'è proprio traccia: data la situazione dei redditi, di cui abbiamo parlato, la domanda è infatti molto debole e non si vedono interventi efficaci.
Vediamo allora se si intravedono misure più idonee dal lato dell'offerta, quella per intenderci di reaganiana memoria, ispirata appunto a Reagan ed alla Thatcher dalla scuola di Chicago, che mirano a stimolare la crescita economica con sostanziose elargizioni alle imprese, incentivi e forti riduzioni di imposte, mirando all'accrescimento del prodotto potenziale. Anche in questo caso, mancando la domanda aggregata, e date le aspettative negative dei consumatori, i bonus restano spesa virtuale, dunque inefficaci. Una condizione che spiega il perché anche Confindustria sia scontenta dei provvedimenti del governo. Tra l'altro autorevoli economisti americani hanno dimostrato che l'effetto sulla crescita degli incentivi all'offerta, della riduzione di imposte alle imprese, è sempre scarso; tanto meno può essere efficace per uscire dalle crisi, in cui crescono i prodotti invenduti e le scorte a fronte di salari, stipendi e pensioni insufficienti per la vita quotidiana, al lavoro sempre più precario ed alla disoccupazione montante.
Nella teoria gli interventi possibili, a livello di singoli paesi, potrebbero essere una miscela di politiche, monetaria e fiscale.
Si tratta di bonus per l'acquisto di auto, motorini, elettrodomestici in caso di ristrutturazione dell'abitazione. Sono interventi mirati al sostegno delle imprese ma implicano i consumatori come parte attiva. Ed appaiono dunque risibili se si pensa alla platea dei possibili "beneficiari". Consideriamo infatti per un momento la situazione e soprattutto le aspettative dei cittadini, dei presunti consumatori, gran parte dei quali vive di salari e stipendi o pensioni. Può trattarsi di lavoratori dipendenti, operai o impiegati, privati o pubblici, di anziani, di partite IVA, di lavoro autonomo di piccola dimensione, di artigiani o piccoli imprenditori o piccoli commercianti: insomma, quello che oggi è il ceto medio impoverito. E poi c'è il grande esercito dei precari. Una discreta fetta di queste categorie è rappresentata da coloro che non arrivano facilmente alla quarta settimana, talvolta a fatica anche alla fine della terza; coloro per i quali l'affitto o la rata del mutuo sono somme via via meno sostenibili: persone che dunque hanno in mente tutt'altro che cambiare l'auto, salvo che in casi urgenti e limitati quando questa è in "panne totale" ed è uno strumento di lavoro. Stesso ragionamento per i motorini.
Fra l'altro i bonus non coprono che una minima parte dei prezzi attuali di tali beni di consumo, trattandosi obbligatoriamente di acquistare modelli nuovi, non di usato.
Tanto più improbabili appaiono le ristrutturazioni edilizie, cui è legato l'incentivo per l'elettrodomestico nuovo, da parte dei soggetti sopra indicati alle prese con i problemi del quotidiano.
E' un'emergenza crescente per le famiglie far fronte ad imprevisti, soprattutto nel campo della salute: un costo forte è quello per le visite mediche ed altre prestazioni sanitarie non sempre fornite in tempi utili e tempestivamente dal SSN, per cui si ricorre al mercato privato, spesso a cifre immorali. Per i diversamente abili le tutele sono scarse ed in diminuzione.
Basta poi uno sguardo alle statistiche degli indebitamenti delle famiglie, al revival dei banchi dei pegni, per completare il quadro e rendersi conto che solo chi sta abbastanza bene potrà accedere ai bonus e incentivi suddetti. Mentre non c'è nessun vantaggio per le famiglie ed i cittadini meno abbienti. Occorre invece favorire, anzi incrementare il consumo dei mezzi necessari per vivere per questi soggetti.
Quella del governo non è una politica di gestione della domanda aggregata, che consiste nell'aumentare il reddito disponibile e quindi indurre ad accrescere le spese con una maggior propensione al consumo (che è inversamente proporzionale al reddito) e trainare così la produzione e magari gli investimenti. Di tale politica, ispirata a Keynes, non c'è proprio traccia: data la situazione dei redditi, di cui abbiamo parlato, la domanda è infatti molto debole e non si vedono interventi efficaci.
Vediamo allora se si intravedono misure più idonee dal lato dell'offerta, quella per intenderci di reaganiana memoria, ispirata appunto a Reagan ed alla Thatcher dalla scuola di Chicago, che mirano a stimolare la crescita economica con sostanziose elargizioni alle imprese, incentivi e forti riduzioni di imposte, mirando all'accrescimento del prodotto potenziale. Anche in questo caso, mancando la domanda aggregata, e date le aspettative negative dei consumatori, i bonus restano spesa virtuale, dunque inefficaci. Una condizione che spiega il perché anche Confindustria sia scontenta dei provvedimenti del governo. Tra l'altro autorevoli economisti americani hanno dimostrato che l'effetto sulla crescita degli incentivi all'offerta, della riduzione di imposte alle imprese, è sempre scarso; tanto meno può essere efficace per uscire dalle crisi, in cui crescono i prodotti invenduti e le scorte a fronte di salari, stipendi e pensioni insufficienti per la vita quotidiana, al lavoro sempre più precario ed alla disoccupazione montante.
Nella teoria gli interventi possibili, a livello di singoli paesi, potrebbero essere una miscela di politiche, monetaria e fiscale.
Per risollevare la domanda aggregata depressa si può accrescere la moneta (maggiore liquidità), aumentare il disavanzo del bilancio, o adottare ambedue. Ma gli obblighi europei, la situazione del nostro bilancio in forte disavanzo, del debito crescente, dell'avanzo primario inesistente, lasciano poco spazio. Ovviamente è una questione di scelte. Anche perché, come insegna il Nobel per l'economia Paul Samuelson, la politica monetaria e la politica fiscale possono essere usate per influenzare non solo il livello, ma anche la composizione del PNL.
Tuttavia il punto focale riguarda la totale mancanza dal quadro dell'elemento più urgente: una politica redistributiva, dato che vi sono stati progressivi spostamenti nelle quote del prodotto sociale dal salario a profitti e rendite, per cui le differenze nei redditi e nelle condizioni materiali di vita nel nostro paese si sono progressivamente acuite.
Qualunque mix delle suddette politiche sarebbe comunque molto più efficace se attuato con un grande accordo europeo ma, invece, la crisi spinge i singoli Stati verso provvedimenti nazionali ed appaiono segnali di tipo protezionistico, dannosissimi in periodo medio-lungo.
Nel nostro paese invece che bonus servono interventi diretti dello Stato nell'economia, per la calmierizzazione dei prezzi di elettricità, riscaldamento, acqua, carburanti, ed in genere di quei beni che incidono molto sulle spese delle famiglie; servono maggiori e più ampie coperture per gli ammortizzatori sociali, ad esempio l'aumento dell'assegno di cassa integrazione oggi di circa 750-800 euro (in alcune realtà un aumento è in atto per accordi con le aziende, vedi EATON di Massa che integra fino a 1100-1200 euro). Inoltre bisogna estendere la platea degli aventi diritto alla cassa integrazione. Deve essere resa conveniente per le imprese la stabilizzazione dei lavoratori precari. E' necessario poi intervenire sui redditi bassi, e non con delle elargizioni una tantum bensì rivalutando salari e pensioni, calmierando gli affitti ed allungando i mutui abbassandone i ratei.
Il finanziamento di tali interventi si può ottenere con il ripristino dell'ICI sulle case di lusso e seconde case, con la tassazione delle rendite finanziarie, di auto e barche di lusso (provvedimento utile anche a livello ambientale), con una reale severa repressione dell'evasione fiscale.
Interventi di sostegno alle imprese, come ad esempio garanzie statali sui crediti, per rimetterne in moto la concessione da parte delle banche o sgravi di imposte, devono essere condizionati al blocco dei licenziamenti e delle nuove delocalizzazioni, agli investimenti in innovazione e risparmio energetico, in nuovi materiali ecologici, in generale alla qualità degli investimenti stessi, relativamente alla sicurezza del lavoro e degli ambienti, allo smaltimento corretto dei rifiuti industriali, al controllo di tutta la filiera, alla formazione dei lavoratori ed al rispetto ambientale.
Tutto questo implica controlli, resoconti sui risultati degli interventi, dunque nuove figure di consulenti-controllori per certificare la congruità e quindi concedere o proseguire gli incentivi.
Un altro indispensabile intervento dello Stato riguarda il problema casa: un piano di edilizia popolare pubblica da attuare rapidamente che fra l'altro risolleverebbe dalla crisi il settore delle costruzioni.
L'intervento più importante sarebbe comunque che lo Stato riprendesse il controllo del sistema finanziario e delle banche per eliminare oggi ed evitare in futuro quegli elementi speculativi finanziari che generano l'instabilità del sistema e le crisi. Insomma tornare all'intervento diretto dello Stato, che non è ideologia ma strumento di stabilità.
*associazione Luigi Longo
Tuttavia il punto focale riguarda la totale mancanza dal quadro dell'elemento più urgente: una politica redistributiva, dato che vi sono stati progressivi spostamenti nelle quote del prodotto sociale dal salario a profitti e rendite, per cui le differenze nei redditi e nelle condizioni materiali di vita nel nostro paese si sono progressivamente acuite.
Qualunque mix delle suddette politiche sarebbe comunque molto più efficace se attuato con un grande accordo europeo ma, invece, la crisi spinge i singoli Stati verso provvedimenti nazionali ed appaiono segnali di tipo protezionistico, dannosissimi in periodo medio-lungo.
Nel nostro paese invece che bonus servono interventi diretti dello Stato nell'economia, per la calmierizzazione dei prezzi di elettricità, riscaldamento, acqua, carburanti, ed in genere di quei beni che incidono molto sulle spese delle famiglie; servono maggiori e più ampie coperture per gli ammortizzatori sociali, ad esempio l'aumento dell'assegno di cassa integrazione oggi di circa 750-800 euro (in alcune realtà un aumento è in atto per accordi con le aziende, vedi EATON di Massa che integra fino a 1100-1200 euro). Inoltre bisogna estendere la platea degli aventi diritto alla cassa integrazione. Deve essere resa conveniente per le imprese la stabilizzazione dei lavoratori precari. E' necessario poi intervenire sui redditi bassi, e non con delle elargizioni una tantum bensì rivalutando salari e pensioni, calmierando gli affitti ed allungando i mutui abbassandone i ratei.
Il finanziamento di tali interventi si può ottenere con il ripristino dell'ICI sulle case di lusso e seconde case, con la tassazione delle rendite finanziarie, di auto e barche di lusso (provvedimento utile anche a livello ambientale), con una reale severa repressione dell'evasione fiscale.
Interventi di sostegno alle imprese, come ad esempio garanzie statali sui crediti, per rimetterne in moto la concessione da parte delle banche o sgravi di imposte, devono essere condizionati al blocco dei licenziamenti e delle nuove delocalizzazioni, agli investimenti in innovazione e risparmio energetico, in nuovi materiali ecologici, in generale alla qualità degli investimenti stessi, relativamente alla sicurezza del lavoro e degli ambienti, allo smaltimento corretto dei rifiuti industriali, al controllo di tutta la filiera, alla formazione dei lavoratori ed al rispetto ambientale.
Tutto questo implica controlli, resoconti sui risultati degli interventi, dunque nuove figure di consulenti-controllori per certificare la congruità e quindi concedere o proseguire gli incentivi.
Un altro indispensabile intervento dello Stato riguarda il problema casa: un piano di edilizia popolare pubblica da attuare rapidamente che fra l'altro risolleverebbe dalla crisi il settore delle costruzioni.
L'intervento più importante sarebbe comunque che lo Stato riprendesse il controllo del sistema finanziario e delle banche per eliminare oggi ed evitare in futuro quegli elementi speculativi finanziari che generano l'instabilità del sistema e le crisi. Insomma tornare all'intervento diretto dello Stato, che non è ideologia ma strumento di stabilità.
*associazione Luigi Longo