sabato 8 agosto 2009

A VOLTE RITORNANO. A proposito delle gabbie salariali. Scomparsa la lotta di classe non emerge neanche la difesa delle conquiste del passato

Grazia Paoletti e Piercarlo Albertosi
Associazione Luigi Longo

Estate 2009: imperversa l’incredibile Calderoli, che se fosse apparso come protagonista di un fumetto o di uno sceneggiato negli anni in cui la politica aveva un suo decoro ed i nostri avversari politici meritavano rispetto, pur se li combattevamo duramente, avremmo commentato: non è possibile, non esiste. Invece esiste e persiste, addirittura da ministro, al servizio di una entità territoriale, la Padania, di cui non c’è traccia nella storia italiana, dunque inventata, e di chiari interessi di classe.
Di nuovo si ripropongono le gabbie salariali. Tentativo che fu già fatto dopo la vittoria alle elezioni politiche del 2001 di coloro che si presentavano come i modernizzatori, ottenendo purtroppo anche voti di lavoratori.
Nel giugno 2002 gli ispettori del Fondo Monetario Internazionale forniscono tale ricetta al mercato del lavoro italiano: "puntare a salari differenziati rivedendo gli attuali assetti contrattuali"…… "per l’aumento dell’occupazione occorre accedere ad una differenziazione salariale territoriale molto marcata, oggi fortemente limitata dalla contrattazione collettiva nazionale."…… Dunque bisogna, suggeriscono, "che le parti sociali affrontino processi più decentrati di contrattazione salariale, in modo da riflettere strettamente le differenze nei livelli di produttività, le condizioni del mercato locale e il costo della vita".
Già allora si riproponevano, senza nominarle, le gabbie salariali abolite dalle grandi lotte operaie del 1968-69. Allora come oggi gli organismi economici internazionali stavano dalla stessa parte del capitale: il problema è che oggi non c’è una volontà di lotta né una forza di reazione sufficiente né nei lavoratori né nella maggior parte dei loro rappresentanti sindacali; inoltre non esiste più una forza politica che si ponga in modo specifico come rappresentante degli interessi del lavoro. L’interclassismo da strisciante è divenuto palese, lo stesso concetto di lotta di classe è sparito, considerato un retaggio del passato da cancellare.
A riprova di ciò basta vedere le scarsissime reazioni al brutto Libro bianco di Sacconi sul welfare: lo hanno attaccato pochi intellettuali di sinistra non giovani, poi silenzio.
Voglio ricordare un pezzo di storia sindacale. A fine anni ’60 i sindacati sollevano, in sede contrattuale, il problema delle gabbie salariali in una vertenza condotta unitariamente.
Le differenze territoriali sono consistenti, anche se già in parte ridotte da due accordi precedenti, nel 1953 e nel 1961. L’obbiettivo di eliminare completamente le sperequazioni geografiche viene raggiunto in base ad un accordo concluso tra FIOM ed industriali. Dopo poco tempo viene discusso ed approvato a livello parlamentare lo Statuto dei Lavoratori.
Oggi non solo non si vedono lotte salariali, ma neanche una difesa unitaria di quelle conquiste.
USQUE TANDEM ?…

domenica 26 luglio 2009

Perseverare diabolicum

Dibattito: L'on Beppe Fioroni ha dichiarato, in più occasioni, che "la laicità è un metodo". Ma la corte Costituzionale, con una sentenza, ha sancito che essa è "un principio a cui il politico, credente o non credente che sia, deve attenersi in uno stato democratico". Fioroni ne è al corrente?

La Repubblica del 4 luglio riportava una frase dell'On. Giuseppe Fioroni: "La laicità è un metodo...."Sullo stesso quotidiano del 8 luglio appariva nella pagina di Corrado Augias una lettera di Valdo Spini, che ricordava, facendo riferimento ad una sentenza della Corte Costituzionale, che la laicità "è un principio a cui il politico, credente o non credente che sia, deve attenersi in uno stato democratico." Errare humanum est.Ma l'On. Fioroni persevera. Infatti Su La Repubblica del 19 luglio ripete che "La laicità è un metodo garantito dalla Costituzione."
Dunque è necessario approfondire la questione della laicità. Anzitutto a partire dal Dizionario della lingua Italiana (Devoto e Oli), poiché il corretto uso dei termini della lingua italiana, già molto bistrattata al giorno d'oggi, dovrebbe essere al primo posto di chi ha ruoli pubblici.Ebbene, metodo è:"procedimento atto a garantire ... il soddisfacente risultato di un lavoro o di un comportamento - regolarità ... nell'operare - particolare struttura logica e mentale con cui un problema viene impostato e risolto - modo d'agire o di comportarsi". Nessuna di tali definizioni si attaglia alla laicità.Principio è, oltre altre definizioni: "Norma di comportamento in quanto rispecchia l'accettazione di una morale che sta alla base delle convinzioni più profonde."
Il termine laicità nella Costituzione non appare, ma è una famosa sentenza Casavola della Corte Costituzionale che esplicita il concetto di laicità sul terreno giuridico-costituzionale, definendola principio supremo dell'ordinamento costituzionale.Infatti la sentenza della Corte Costituzionale n.203 del 12 aprile 1989 recita al punto 13: "i valori di libertà religiosa (art. 2,3,19 Cost.) concorrono con altri (art. 7,8,20 Cost) a strutturare il principio supremo della laicità dello Stato, che è uno dei profili delineati nella Carta Costituzionale della Repubblica. Il principio di laicità che emerge dagli art. 2,3,7,8,19,20 della Costituzione implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale."
Le connotazioni del principio di laicità espresse dalla Carta Costituzionale si sono concretizzate nel tempo in vari filoni e svolgimenti.La laicità rende possibile sul piano culturale e politico l'unità nella pluralità.Ed è importante che Padre Sorge in una intervista del 18 giugno 2009 riportata da Chicco di senape (gruppo di credenti di Torino) affermi che "la laicità è un valore cristiano e va intesa come unità nel rispetto della diversità."
Invitiamo dunque l'On. Fioroni a esprimersi su questa sentenza.
di Grazia Paoletti
*Sinistra per la Costituzione-Spini per Firenze

pubblicato su aprileonline.info del 20 luglio 2009

venerdì 27 marzo 2009

Troppi allenatori e pochi giocatori a sinistra

Grazia Paoletti, associazione Luigi Longo
E' da tempo che non intervengo su questo sito poichè spesso i blog, senza eccezione, raggiungono livelli di volgarità, di livore, di rissosità (il tutto in senso politico, non per perbenismo!) che li rendono indisponenti e pertanto inutili. Ci si dovrebbe occupare di ricostruire la sinistra, non dimentichiamolo, oppure vogliamo estinguerci frantumati in mille pseudo sinistrine autoreferenziali?
Molti eventi, recenti e meno, hanno suscitato speranze e aspettative poi vanificate: dal congresso DS con l'uscita dei compagni (e rivendico a loro ed a me questo nome!) per ricostruire in Italia una grande e moderna forza del socialismo, lo stesso che è nelle radici anche di noi comunisti, passando per l'assemblea nazionale organizzata al Palazzo dei Congressi dell'EUR il 5 maggio 2007, fino a tante altre situazioni, compresa la nascita di SD con Mussi e Fava, di Unire la Sinistra di Guidoni, e infine del Movimento di Nichi Vendola a Chianciano.
E'stata incoraggiante la ricomparsa alle riunioni ed il rimettersi in gioco sul territorio di moltissimi compagni che da tanti anni, troppi, si erano disimpegnati o rinchiusi in piccole comunità settoriali. E soprattutto è stato entusiasmante l'emergere con foga di tanti giovani, associazioni, movimenti, singoli, desiderosi di partecipare per costruire una sinistra degna di questo nome ed all'altezza delle sfide del terzo millennio.
Sfide a fronte delle quali noi figli del ‘900, che pure abbiamo assorbito tanta della cultura del secolo breve e lunghissimo insieme, ci sentiamo un po' disarmati, carenti, e speriamo in una nuova linfa. Non nel parricidio, che di rado funziona, ma in una contaminazione fra generazioni, con culture politiche e modalità di fare politica partecipata che finora erano patrimonio solo di alcuni gruppi più avanzati, a cominciare dal femminismo.
Ebbene, appena sono comparse ad un orizzonte abbastanza ravvicinato le elezioni, questo ha buttato all'aria tutto il puzzle che ci stavamo impegnando a costruire, risparpagliandone i pezzi: così oggi sembra che non se ne venga più a capo, con qualcuno che pare si accontenti di riformarne un angolino, fatto di pochi pezzetti, pochi ma SUOI, e lo contempli come se fosse il mondo.Un atteggiamento inutile e dannoso.
Bene, compagni che ancora pensate ad una sinistra, sarebbe importante a questo punto concentrarsi sui programmi di questo eventuale insieme, ed invece questo lavoro è latitante.
Certamente non vi si supplisce avanzando per la formulazione delle liste nomi più o meno roboanti, che si presume avere appeal. Ho sentito parlare di lanciare nella corsa per Strasburgo nobilissime persone come Battiato (una delle mie passioni giovanili) o Camilleri. Ma per favore, cosa c'entrano con la politica della sinistra, anche se (e lo ignoro) fossero "di sinistra"?
Perché, come invocano tanti, non si tengono in considerazione i territori dove soprattutto si possano elaborare programmi da confrontare e sistemare in una sintesi che abbia valenza nazionale, generale?
Bisogna uscire dalla genericità di enunciazioni, peraltro sacrosante ma insufficienti,tipo "aumentare gli ammortizzatori sociali" o "tassare i ricchi".Determiniamo obbiettivi, strumenti, risorse. Questa è la base per una seria programmazione, che un tempo era il cavallo di battaglia della sinistra, mentre oggi si evita addirittura di pronunciarla. Abbiamo, fra tutte le forze che vogliono partecipare al processo di costruzione della sinistra, movimenti, associazioni, pezzi di partiti, singoli, enormi risorse culturali ed intellettuali, che i nostri avversari a destra non si sognano neanche.
A sinistra la critica non manca, ma per fare un esempio che alleggerisca il contesto, sono tutti allenatori e poi latitano i bravi giocatori, chi scende direttamente in campo esponendosi di persona, partecipando ad una grande costruzione ognuno con il suo mattoncino.
E' necessaria una nuova forza politica unita nella sua essenza ma plurale nelle sue componenti e radici, che sia in grado di conquistare il potere per dare risposte ai cittadini, ai loro bisogni ed ai loro sogni, e di offrire soluzioni ai gravi problemi del paese nell'interesse di tutti, a cominciare dalle classi più sfavorite e fino alle industrie soggette alla crisi mondiale che devono poter creare lavoro e ricchezza nazionale da redistribuire. Che abbia insomma una cultura di governo.
Bisogna riscoprire oggi il vero significato dell'espressione "interesse generale", che fa parte del patrimonio politico e culturale della sinistra e che è un grande contenuto della Costituzione, la piena attuazione della quale è il primo passo per dare veramente un spinta in positivo al nostro paese.

martedì 17 febbraio 2009

Uscire dalla crisi? Non come fa il governo

Grazia Paoletti*, 16 febbraio 2009
Le misure del Governo, il cosiddetto pacchetto anticrisi, appaiono assolutamente scarse ed insufficienti per quanto riguarda il loro ammontare; inadeguate, anzi, direi inadatte per il loro contenuto.
Si tratta di bonus per l'acquisto di auto, motorini, elettrodomestici in caso di ristrutturazione dell'abitazione. Sono interventi mirati al sostegno delle imprese ma implicano i consumatori come parte attiva. Ed appaiono dunque risibili se si pensa alla platea dei possibili "beneficiari". Consideriamo infatti per un momento la situazione e soprattutto le aspettative dei cittadini, dei presunti consumatori, gran parte dei quali vive di salari e stipendi o pensioni. Può trattarsi di lavoratori dipendenti, operai o impiegati, privati o pubblici, di anziani, di partite IVA, di lavoro autonomo di piccola dimensione, di artigiani o piccoli imprenditori o piccoli commercianti: insomma, quello che oggi è il ceto medio impoverito. E poi c'è il grande esercito dei precari. Una discreta fetta di queste categorie è rappresentata da coloro che non arrivano facilmente alla quarta settimana, talvolta a fatica anche alla fine della terza; coloro per i quali l'affitto o la rata del mutuo sono somme via via meno sostenibili: persone che dunque hanno in mente tutt'altro che cambiare l'auto, salvo che in casi urgenti e limitati quando questa è in "panne totale" ed è uno strumento di lavoro. Stesso ragionamento per i motorini.
Fra l'altro i bonus non coprono che una minima parte dei prezzi attuali di tali beni di consumo, trattandosi obbligatoriamente di acquistare modelli nuovi, non di usato.
Tanto più improbabili appaiono le ristrutturazioni edilizie, cui è legato l'incentivo per l'elettrodomestico nuovo, da parte dei soggetti sopra indicati alle prese con i problemi del quotidiano.
E' un'emergenza crescente per le famiglie far fronte ad imprevisti, soprattutto nel campo della salute: un costo forte è quello per le visite mediche ed altre prestazioni sanitarie non sempre fornite in tempi utili e tempestivamente dal SSN, per cui si ricorre al mercato privato, spesso a cifre immorali. Per i diversamente abili le tutele sono scarse ed in diminuzione.
Basta poi uno sguardo alle statistiche degli indebitamenti delle famiglie, al revival dei banchi dei pegni, per completare il quadro e rendersi conto che solo chi sta abbastanza bene potrà accedere ai bonus e incentivi suddetti. Mentre non c'è nessun vantaggio per le famiglie ed i cittadini meno abbienti. Occorre invece favorire, anzi incrementare il consumo dei mezzi necessari per vivere per questi soggetti.
Quella del governo non è una politica di gestione della domanda aggregata, che consiste nell'aumentare il reddito disponibile e quindi indurre ad accrescere le spese con una maggior propensione al consumo (che è inversamente proporzionale al reddito) e trainare così la produzione e magari gli investimenti. Di tale politica, ispirata a Keynes, non c'è proprio traccia: data la situazione dei redditi, di cui abbiamo parlato, la domanda è infatti molto debole e non si vedono interventi efficaci.
Vediamo allora se si intravedono misure più idonee dal lato dell'offerta, quella per intenderci di reaganiana memoria, ispirata appunto a Reagan ed alla Thatcher dalla scuola di Chicago, che mirano a stimolare la crescita economica con sostanziose elargizioni alle imprese, incentivi e forti riduzioni di imposte, mirando all'accrescimento del prodotto potenziale. Anche in questo caso, mancando la domanda aggregata, e date le aspettative negative dei consumatori, i bonus restano spesa virtuale, dunque inefficaci. Una condizione che spiega il perché anche Confindustria sia scontenta dei provvedimenti del governo. Tra l'altro autorevoli economisti americani hanno dimostrato che l'effetto sulla crescita degli incentivi all'offerta, della riduzione di imposte alle imprese, è sempre scarso; tanto meno può essere efficace per uscire dalle crisi, in cui crescono i prodotti invenduti e le scorte a fronte di salari, stipendi e pensioni insufficienti per la vita quotidiana, al lavoro sempre più precario ed alla disoccupazione montante.
Nella teoria gli interventi possibili, a livello di singoli paesi, potrebbero essere una miscela di politiche, monetaria e fiscale.
Per risollevare la domanda aggregata depressa si può accrescere la moneta (maggiore liquidità), aumentare il disavanzo del bilancio, o adottare ambedue. Ma gli obblighi europei, la situazione del nostro bilancio in forte disavanzo, del debito crescente, dell'avanzo primario inesistente, lasciano poco spazio. Ovviamente è una questione di scelte. Anche perché, come insegna il Nobel per l'economia Paul Samuelson, la politica monetaria e la politica fiscale possono essere usate per influenzare non solo il livello, ma anche la composizione del PNL.
Tuttavia il punto focale riguarda la totale mancanza dal quadro dell'elemento più urgente: una politica redistributiva, dato che vi sono stati progressivi spostamenti nelle quote del prodotto sociale dal salario a profitti e rendite, per cui le differenze nei redditi e nelle condizioni materiali di vita nel nostro paese si sono progressivamente acuite.
Qualunque mix delle suddette politiche sarebbe comunque molto più efficace se attuato con un grande accordo europeo ma, invece, la crisi spinge i singoli Stati verso provvedimenti nazionali ed appaiono segnali di tipo protezionistico, dannosissimi in periodo medio-lungo.
Nel nostro paese invece che bonus servono interventi diretti dello Stato nell'economia, per la calmierizzazione dei prezzi di elettricità, riscaldamento, acqua, carburanti, ed in genere di quei beni che incidono molto sulle spese delle famiglie; servono maggiori e più ampie coperture per gli ammortizzatori sociali, ad esempio l'aumento dell'assegno di cassa integrazione oggi di circa 750-800 euro (in alcune realtà un aumento è in atto per accordi con le aziende, vedi EATON di Massa che integra fino a 1100-1200 euro). Inoltre bisogna estendere la platea degli aventi diritto alla cassa integrazione. Deve essere resa conveniente per le imprese la stabilizzazione dei lavoratori precari. E' necessario poi intervenire sui redditi bassi, e non con delle elargizioni una tantum bensì rivalutando salari e pensioni, calmierando gli affitti ed allungando i mutui abbassandone i ratei.
Il finanziamento di tali interventi si può ottenere con il ripristino dell'ICI sulle case di lusso e seconde case, con la tassazione delle rendite finanziarie, di auto e barche di lusso (provvedimento utile anche a livello ambientale), con una reale severa repressione dell'evasione fiscale.
Interventi di sostegno alle imprese, come ad esempio garanzie statali sui crediti, per rimetterne in moto la concessione da parte delle banche o sgravi di imposte, devono essere condizionati al blocco dei licenziamenti e delle nuove delocalizzazioni, agli investimenti in innovazione e risparmio energetico, in nuovi materiali ecologici, in generale alla qualità degli investimenti stessi, relativamente alla sicurezza del lavoro e degli ambienti, allo smaltimento corretto dei rifiuti industriali, al controllo di tutta la filiera, alla formazione dei lavoratori ed al rispetto ambientale.
Tutto questo implica controlli, resoconti sui risultati degli interventi, dunque nuove figure di consulenti-controllori per certificare la congruità e quindi concedere o proseguire gli incentivi.
Un altro indispensabile intervento dello Stato riguarda il problema casa: un piano di edilizia popolare pubblica da attuare rapidamente che fra l'altro risolleverebbe dalla crisi il settore delle costruzioni.
L'intervento più importante sarebbe comunque che lo Stato riprendesse il controllo del sistema finanziario e delle banche per eliminare oggi ed evitare in futuro quegli elementi speculativi finanziari che generano l'instabilità del sistema e le crisi. Insomma tornare all'intervento diretto dello Stato, che non è ideologia ma strumento di stabilità.
*associazione Luigi Longo

lunedì 2 febbraio 2009

A proposito dell'articolo di Rossana Rossanda “non saltare un giro”.

Sono d'accordo con Rossanda che si deve dare una possibilità di votare ed esprimere dei rappresentanti a quella sinistra che non si riconosce nè nel moderatismo (è già benevolo parlare di riformismo!) del PD nè nell'ipotesi oggi antistorica dell'unità dei comunisti e dell'opposizione di principio.
Ho sempre espresso la mia scelta, che è la nostra come Associazione Luigi Longo, per una sinistra democratica, alternativa e di governo, che miri al potere correttamente per operare nell'interesse del paese, senza scendere ad inaccettabili compromessi. Un soggetto politico non autoreferenziale, non con lo sguardo rivolto all'indietro, che si faccia carico dei problemi della realtà di oggi, di questo capitalismo globalizzato diverso e peggiore di quello che abbiamo conosciuto nel dopoguerra, e che miri a cambiare il sistema secondo i nostri valori.
E' necessario ripensare insieme ad un modello di società promuovendo un processo politico e culturale, dotandosi di strumenti per poter essere una forza di governo, in grado di recuperare il consenso elettorale perduto, di costruire coerenti alleanze, non semplicemente per governare il sistema, ma per cambiarlo, nell'interesse del paese, dei soggetti e delle classi sociali che a noi fanno riferimento.
Le elezioni europee sono una scadenza importante, perchè se la Sinistra perde questo appuntamento resta per lungo tempo fuori giuoco e inoltre indebolirebbe tutta la sinistra europea. Ma bisogna evitare la sommatoria dei frammenti oggi esistenti e sopratutto i comportamenti politicisti che hanno determinato il fallimento dell'Arcobaleno.
Il movimento per la Sinistra e tutte le associazioni che hanno l'obbiettivo del nuovo soggetto di Sinistra si sono assunte un compito non facile, ma entusiasmante.
Buon lavoro a tutti noi che abbiamo questo obbiettivo!
Grazia Paoletti, direttivo dell’Associazione Luigi Longo e aderente all’Associazione per la Sinistra.

mercoledì 26 novembre 2008

Per la costituente della sinistra

1 - La comunità internazionale si trova a fronteggiare un disastro finanziario di dimensioni planetarie ed una pesante recessione economica che testimoniano il fallimento del neoliberismo imposto universalmente dopo la caduta del muro di Berlino. Da decenni la globalizzazione di un mercato privo di regole e di valori etici ha sottoposto il pianeta ai rischi di guerre permanenti, di disastro ambientale e di scontro di civiltà, mentre - parallelamente - le condizioni materiali di vita di milioni di persone sono costantemente peggiorate. Oggi questa versione aggressiva ed immorale del capitalismo tenta di salvarsi invocando l’intervento pubblico e politiche “stataliste”.
2 - Nel momento più alto della crisi del capitalismo si assiste, però, alla debolezza estrema della sinistra in Europa e soprattutto nel nostro Paese anche a causa della sua storica frammentazione. Invece c’è bisogno di un soggetto politico di sinistra in grado di dare rappresentanza e risposte alle istanze di persone, movimenti, associazioni, di tante forze che si muovono nella società con l’obbiettivo di trasformarla. A questa situazione è urgente reagire ricostruendo una Sinistra in grado di mobilitare, di orientare, di progettare alternative di sviluppo sociale ed economico e, soprattutto, in grado di richiamare alla partecipazione i milioni di elettori e di simpatizzanti delusi che negli ultimi anni si sono allontanati.
3 - La crisi politica ed istituzionale che si è prodotta nel nostro Paese impone a tutti di superare il richiamo a chiudersi nelle “sicurezze” identitarie e di contribuire a rimettere in moto un processo popolare, democratico e partecipato che abbia lo scopo di costruire una “forza grande ed autonoma, capace di competere per l’egemonia”. Un processo che avrebbe dovuto nascere con la Sinistra Arcobaleno e che invece è stato mortificato dalla paura e dall’egoismo dei partiti della sinistra storica che l’hanno ridotto a mero cartello elettorale.
4 - I Congressi dei partiti della sinistra non hanno voluto ascoltare il messaggio arrivato dal popolo della sinistra con le elezioni del 13 e 14 aprile e ciò dà il segno della inadeguatezza delle loro attuali classi dirigenti e dei rischi di definitiva scomparsa di una sinistra organizzativamente forte e, quindi, politicamente utile. Il distacco dalla politica e dalle istituzioni di tanti elettori di sinistra e la profonda crisi sociale rischiano di saldarsi tra di loro aprendo nel Paese una prospettiva carica di incognite. C’è una emergenza democratica cui si può rispondere solo attraverso la profonda trasformazione del nostro stesso agire politico: muovendo dal lavoro, dalla scuola, dalle forme di autorganizzazione democratica presenti nel territorio e nella società per ricostruire una nuova ed unificata forza politica - cioè un nuovo partito – che, con un progetto di società, una struttura e saldezza organizzativa, si caratterizzi per modernità di analisi e di proposta, per nuove e moderne regole di vita democratica, ed abbia così la capacità di rimettere in attività centinaia di migliaia di elettori e di militanti .
5 - E’ pertanto necessario sciogliere ogni ambiguità insita nell’appartenere strutturalmente ad uno dei partiti esistenti, poiché riteniamo che ciò renda più liberi di agire nella battaglia politica, affinché si affermi dovunque e prenda forza l’esigenza di dar vita ad una “Costituente della Sinistra”, per un nuovo partito che superi la frammentazione di oggi, evitando che ci si limiti ad una mistificante unità “federativa”, che ricondurrebbe la democrazia e la partecipazione nelle secche dei rapporti tra le vecchie appartenenze.

Piercarlo Albertosi, Simona Zoccola, Grazia Paoletti, Giuseppe Battistini, Luca Perfetti, Andrea Bragazzi, Roberto Vanelli, Renato Piccinini, Alessandra Marchetti

domenica 23 novembre 2008

Marx rientra in campo

di Grazia Paoletti - Associazione Luigi Longo

Con le elezioni del 13-14 aprile la sinistra parlamentare è scomparsa, ma la sinistra nel paese sta ripartendo: vi sono idee, istanze, bisogni, più o meno esplicitamente espressi da movimenti, gruppi, associazioni, singole persone che si muovono e incarnano la sinistra; ma manca “LA SINISTRA”. Cioè si può dire che c’è ed è chiaro l’oggetto ma manca il soggetto.i Ed è questo che dobbiamo ricostruire. E’ indispensabile offrire una rappresentanza a chi si sente, a chi si dice, “di sinistra”; se questo non accade, e non accade ora, si approfondirà il deficit democratico del paese.
Infatti bisogna aver chiaro che il berlusconismo ha vinto sul piano culturale ancor prima che sul piano politico. Il disegno contenuto nel piano di rinascita nazionale della P2 mirava appunto a distruggere una cultura ed una prassi politica che avevano le radici nell’antifascismo,nella lotta di liberazione e nella Resistenza.
Pertanto è necessario un forte impegno per ristabilire i valori, le idee forza della sinistra, per far riemergere addirittura un senso comune di sinistra. E non sarà un impegno a breve.
Innanzi tutto è necessario che si abbia, e si espliciti, un progetto politico, una visione di società, nuova e diversa, che risponda alle istanze delle forze che si muovono nella società, ed inoltre una organizzazione ed una struttura per dare le gambe a tale progetto.
Tutto ciò è mancato alla Sinistra Arcobaleno che era un raggruppamento di oligarchie di partiti.
L’obbiettivo è l’unificazione reale e non fittizia delle forze a sinistra del PD, con l’obbiettivo di un grande Partito della Sinistra Italiana.
Un Partito con una cultura di governo, riformista e plurale, che si confronti con il PD per riportare la sinistra, oggi fuori giuoco, al governo del paese.
Il primo passo per ricostituire oggi un pensiero di sinistra consiste nel rilanciare la critica dell’economia.
Di fronte alla crisi, peraltro da lungo tempo prevista dagli economisti di sinistra, tutti invocano lo Stato; fino a ieri si giurava sul mercato e la sua mano invisibile come capaci di realizzare il migliore dei mondi possibile. Ma il mercato degli economisti è una astrazione, mentre invece è reale il campo dell’economia dove si attua la lotta di classe e vince il più forte. Purtroppo nell’epoca della globalizzazione proprietaria la lotta di classe è scomparsa dal lessico e persino dal senso comune.
Ma a più di un secolo di distanza le analisi, le categorie, i concetti di Marx sono tutti in campo: il lavoro come merce, la estrazione e l’appropriazione del plusvalore da parte dei capitalisti, dunque lo sfruttamento, la speculazione finanziaria, cioè l’accrescimento del denaro a mezzo del denaro invece che attraverso la produzione di merci a mezzo di merci, realizzata dalla combinazione di capitale e lavoro. Come conseguenza, la distribuzione del reddito a profitti a scapito del salario e soprattutto a rendite finanziarie. E poi, come previsto da tempo dagli economisti di sinistra compreso il Premio Nobel 2008 Paul Krugman, la crisi. Come è noto, Marx parlava della speculazione finanziaria e prevedeva (seppure con modalità diverse) la crisi del capitalismo.
“Scoprendo il ruolo che il denaro ha nelle crisi Marx fornisce due spunti analitici che a Keynes basteranno per una teoria generale” sostiene Giorgio Lunghiniii; e approfondisce questi principi di analisi affermando che Keynes soprattutto vede nelle crisi “le temporanee e violente soluzioni delle contraddizioni esistenti”, come diceva Marx.
Bisogna dunque riappropriarsi di queste categorie di analisi e trasmetterle per farle diventare senso comune, ovviamente aggiornando il linguaggio e le forme della comunicazione, e tenendo conto del contesto storico profondamente mutato, ma non tale da inficiarne la validità. Dobbiamo utilizzarle per l’analisi, allo scopo di elaborare un progetto di società adeguato ai tempi e delle proposte concrete di interventi e provvedimenti. Questo intendo per cultura di governo.
In realtà Marx non è mai uscito dal campo, anche se si è tentato di metterlo da parte; la sua analisi della società, pur a circa un secolo e mezzo di distanza, non ha perso validità; anzi i fenomeni descritti, con il rafforzamento del sistema capitalistico e la globalizzazione, hanno acquistato maggior evidenza e gravità.
Il ritorno in campo di Karl Marx sta avvenendo in molti paesi europei: addirittura il vescovo di Monaco di Baviera e di Freising (che del tutto per caso si chiama Marx di cognome) ha scritto che “abbiamo gettato troppo in fretta alle ortiche le sue opere”, e che la crisi finanziaria mostra come a volte “la libertà abbia bisogno di confini”. In ben 31 università della Germania sono stati reintrodotti corsi di marxismo.
Il 21 ottobre sul The Times, il più famoso quotidiano inglese, i cui lettori sono molto conservatori, è uscito un articolo intitolato “Karl Marx ci ha del tutto azzeccato?” (libera traduzione per rendere il tono del titolo), con un sottotitolo che esplicita (idem libera traduzione): “Mentre i mercati finanziari crollano la reputazione di Karl Marx torna a galla. Allora finalmente è venuto il suo tempo? L’autore esamina l’evidenza, mentre altri commentatori di sinistra ne discutono la validità”.
E si è aperto un interessantissimo dibattito. Si chiedeva anche di pronunciarsi a favore o contro, ed il 48% del lettori del Times, pur fortemente conservatori, ha votato in favore di Marx, che “ci aveva azzeccato”.
(Allo scopo di rimettere Marx in campo, o più precisamente di reintrodurre nel senso comune almeno della sinistra il lessico, le categorie e gli strumenti di analisi (ricordate la “cassetta degli attrezzi” di Marx? L’espressione è di Jean Robinson), si richiamano alcune definizioni e concetti base.
Nella società i produttori svolgono il lavoro necessario, quello effettuato per il mantenimento dei produttori stessi, che genera il cosiddetto prodotto necessario per la loro riproduzione. Ogni aumento della produttività genera poi un surplus, un sovraprodotto sociale, frutto del pluslavoro dei produttori, di cui si appropria la classe dominante, così liberata dalla necessità di lavorare per il proprio mantenimento. Da qui nasce la divisione sociale ed il conflitto di classe per la distribuzione del surplus. La forma monetaria del sovraprodotto sociale si chiama plusvalore.iii Chiaramente esso deriva da una appropriazione gratuita da parte della classe dominante di una parte della produzione della classe produttiva, a cui si corrisponde un salario per il proprio mantenimento corrispondente solo ad una frazione delle sue ore di lavoro, dunque inferiore al valore del suo prodotto. La differenza è appunto il plusvalore di cui si appropria il capitalista senza alcun equivalente, dando luogo allo sfruttamento..
L’alienazione dei produttori nasce da una frattura fra il lavoratore ed il suo prodotto, una merce, destinata non all’uso dello stesso produttore ma al mercato. La produzione e lo scambio delle merci si misurano e si regolano in ore di lavoro.Il valore di una merce dipende dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrla.)
i Fabio Mussi. intervento alla riunione per la Costituente della Sinistra a Scandicci 15/10/08
ii Giorgio Lunghini La crisi dell’3conomia politica e la teoria del valore.
Feltrinelli 1977
iii Ernest Mandel Che cosa è la teoria marxista della economia?
Samonà e Savelli 1969