Grazia Paoletti e Piercarlo Albertosi
Associazione Luigi Longo
Estate 2009: imperversa l’incredibile Calderoli, che se fosse apparso come protagonista di un fumetto o di uno sceneggiato negli anni in cui la politica aveva un suo decoro ed i nostri avversari politici meritavano rispetto, pur se li combattevamo duramente, avremmo commentato: non è possibile, non esiste. Invece esiste e persiste, addirittura da ministro, al servizio di una entità territoriale, la Padania, di cui non c’è traccia nella storia italiana, dunque inventata, e di chiari interessi di classe.
Di nuovo si ripropongono le gabbie salariali. Tentativo che fu già fatto dopo la vittoria alle elezioni politiche del 2001 di coloro che si presentavano come i modernizzatori, ottenendo purtroppo anche voti di lavoratori.
Nel giugno 2002 gli ispettori del Fondo Monetario Internazionale forniscono tale ricetta al mercato del lavoro italiano: "puntare a salari differenziati rivedendo gli attuali assetti contrattuali"…… "per l’aumento dell’occupazione occorre accedere ad una differenziazione salariale territoriale molto marcata, oggi fortemente limitata dalla contrattazione collettiva nazionale."…… Dunque bisogna, suggeriscono, "che le parti sociali affrontino processi più decentrati di contrattazione salariale, in modo da riflettere strettamente le differenze nei livelli di produttività, le condizioni del mercato locale e il costo della vita".
Già allora si riproponevano, senza nominarle, le gabbie salariali abolite dalle grandi lotte operaie del 1968-69. Allora come oggi gli organismi economici internazionali stavano dalla stessa parte del capitale: il problema è che oggi non c’è una volontà di lotta né una forza di reazione sufficiente né nei lavoratori né nella maggior parte dei loro rappresentanti sindacali; inoltre non esiste più una forza politica che si ponga in modo specifico come rappresentante degli interessi del lavoro. L’interclassismo da strisciante è divenuto palese, lo stesso concetto di lotta di classe è sparito, considerato un retaggio del passato da cancellare.
A riprova di ciò basta vedere le scarsissime reazioni al brutto Libro bianco di Sacconi sul welfare: lo hanno attaccato pochi intellettuali di sinistra non giovani, poi silenzio.
Voglio ricordare un pezzo di storia sindacale. A fine anni ’60 i sindacati sollevano, in sede contrattuale, il problema delle gabbie salariali in una vertenza condotta unitariamente.
Le differenze territoriali sono consistenti, anche se già in parte ridotte da due accordi precedenti, nel 1953 e nel 1961. L’obbiettivo di eliminare completamente le sperequazioni geografiche viene raggiunto in base ad un accordo concluso tra FIOM ed industriali. Dopo poco tempo viene discusso ed approvato a livello parlamentare lo Statuto dei Lavoratori.
Oggi non solo non si vedono lotte salariali, ma neanche una difesa unitaria di quelle conquiste.
USQUE TANDEM ?…
Associazione Luigi Longo
Estate 2009: imperversa l’incredibile Calderoli, che se fosse apparso come protagonista di un fumetto o di uno sceneggiato negli anni in cui la politica aveva un suo decoro ed i nostri avversari politici meritavano rispetto, pur se li combattevamo duramente, avremmo commentato: non è possibile, non esiste. Invece esiste e persiste, addirittura da ministro, al servizio di una entità territoriale, la Padania, di cui non c’è traccia nella storia italiana, dunque inventata, e di chiari interessi di classe.
Di nuovo si ripropongono le gabbie salariali. Tentativo che fu già fatto dopo la vittoria alle elezioni politiche del 2001 di coloro che si presentavano come i modernizzatori, ottenendo purtroppo anche voti di lavoratori.
Nel giugno 2002 gli ispettori del Fondo Monetario Internazionale forniscono tale ricetta al mercato del lavoro italiano: "puntare a salari differenziati rivedendo gli attuali assetti contrattuali"…… "per l’aumento dell’occupazione occorre accedere ad una differenziazione salariale territoriale molto marcata, oggi fortemente limitata dalla contrattazione collettiva nazionale."…… Dunque bisogna, suggeriscono, "che le parti sociali affrontino processi più decentrati di contrattazione salariale, in modo da riflettere strettamente le differenze nei livelli di produttività, le condizioni del mercato locale e il costo della vita".
Già allora si riproponevano, senza nominarle, le gabbie salariali abolite dalle grandi lotte operaie del 1968-69. Allora come oggi gli organismi economici internazionali stavano dalla stessa parte del capitale: il problema è che oggi non c’è una volontà di lotta né una forza di reazione sufficiente né nei lavoratori né nella maggior parte dei loro rappresentanti sindacali; inoltre non esiste più una forza politica che si ponga in modo specifico come rappresentante degli interessi del lavoro. L’interclassismo da strisciante è divenuto palese, lo stesso concetto di lotta di classe è sparito, considerato un retaggio del passato da cancellare.
A riprova di ciò basta vedere le scarsissime reazioni al brutto Libro bianco di Sacconi sul welfare: lo hanno attaccato pochi intellettuali di sinistra non giovani, poi silenzio.
Voglio ricordare un pezzo di storia sindacale. A fine anni ’60 i sindacati sollevano, in sede contrattuale, il problema delle gabbie salariali in una vertenza condotta unitariamente.
Le differenze territoriali sono consistenti, anche se già in parte ridotte da due accordi precedenti, nel 1953 e nel 1961. L’obbiettivo di eliminare completamente le sperequazioni geografiche viene raggiunto in base ad un accordo concluso tra FIOM ed industriali. Dopo poco tempo viene discusso ed approvato a livello parlamentare lo Statuto dei Lavoratori.
Oggi non solo non si vedono lotte salariali, ma neanche una difesa unitaria di quelle conquiste.
USQUE TANDEM ?…