sabato 19 luglio 2008

I GIOVANI E LA POLITICA

Grazia Paoletti

Molte recenti indagini, studi, articoli di stampa, tesi di laurea hanno indagato l’universo dei giovani di oggi, con diversi obbiettivi, diverse modalità di rilevazione e di determinazione dei campioni. Anche la TV purtroppo fornisce fictions peraltro di basso livello e spesso contestate da coloro che si vorrebbe rappresentare ed interpretare sui giovani, sulla loro vita a scuola e nella società; esse sono insieme semplificatrici e distorcenti.
Alcune ricerche e tesi di laurea si propongono in particolare di descrivere il rapporto fra i giovani e la politica. Compito non facile e risultati non univoci.
Per persone della generazione mia e di quelle circostanti,che hanno attraversato la seconda metà degli anni 60 e la prima degli anni 70 più o meno attivamente ma comunque molto consapevolmente, risulta abbastanza sconcertante (e deprimente) vedere come dagli anni 80 in poi l’interesse politico da parte dei giovani sia in continua e progressiva diminuzione. Chi per qualche ragione ha operato nel mondo della scuola, dell’università, o comunque si è occupato delle più giovani generazioni, di coloro che hanno oggi dai 16 ai 35 anni circa, aveva già percepito questa assenza d’interesse che le indagini confermano.
Emerge, e non da oggi, un ripiegamento nel privato, un allontanamento dalla sfera pubblica ed in particolare dalla politica; situazione certamente indotta anche dalla attuale condizione giovanile che si caratterizza per incertezza, precarietà, dipendenza obbligata dalla famiglia e convivenza con questa fino a età avanzata, mutamento dei valori, modelli ed esempi nella società non certo edificanti, debolezza della scuola o comunque distanza dei processi formativi e dei formatori dal vissuto, dall’esperienza, spesso dalle esigenze e aspettative dei giovani, da cui deriva una reciproca sfiducia. Infatti è molto diffusa la mancanza di fiducia nella politica (“sono tutti uguali”) e nelle istituzioni. Non a caso ad ogni elezione aumenta il numero degli astenuti. L’erosione della fiducia è generalizzata, riguarda tutti i tipi di istituzioni, ma tocca soprattutto quelle politico-amministrative. Le varie indagini condotte sull’atteggiamento dei giovani mostrano un declino della fiducia nei governi nella maggior parte degli Stati industrializzati.
Da questa sfiducia derivano, e si stanno già manifestando in alcune città, anche quelle ritenute culla di civiltà, le iniziative di “fai da te” (che spesso sfociano in soprusi o violenze immotivati) come le ronde di cittadini benpensanti del Nord-est o le ronde di giovani fascisti (Azione Giovani) sostenute da AN locale a Firenze.
I giovani oggi devono lottare ogni giorno contro diversi fattori che rendono sempre più difficili le loro condizioni sociali. La politica non si occupa veramente di loro (nonostante si siano succeduti vari ministri con questo incarico), di quello che pensano, di chi sono; ci se ne ricorda solo vicino alle elezioni, guardandoli comunque come un insieme generico ed uniforme di possibili elettori e non come individui differenziati nei valori, nelle idee, nei bisogni.
L’attenzione dei giovani si è spostata progressivamente sul versante privato della vita: nel migliore dei casi studiare, lavorare, far carriera; nel peggiore, consumare e far denaro comunque. L’impegno, quando esiste, si manifesta in una partecipazione alle associazioni di impegno sociale e di volontariato, raramente a quelle politiche. Gli spazi associativi danno la possibilità di confrontarsi, di costruire la propria identità attraverso la differenziazione dagli altri e l’identificazione negli altri. Questo dimostra che esiste in alcuni giovani una generica propensione all’ impegno, ma comunque vi manca un disegno a lungo termine, una visione di un mondo diverso, di una polis da contribuire a costruire appunto attraverso la politica.
Indizi del riflusso, in atto non da oggi, emergono da varie fonti.
Una interessante indagine commissionata alla SWG dal Partito democratico e pubblicata su L’Unità del 27 aprile con il commento di Livia Turco riporta dati definiti nell’occhiello “confortanti”. E’ una opinione che non condivido.
Nel marzo 2008 sono stati sondati un campione di 600 giovani in età 16-35.
Già la parola sondati è indisponente, poiché tutti siamo stati sommersi in continuazione da sondaggi, i più svariati, la cui attendibilità è risultata ben scarsa. Ma soprattutto sono strumenti estremamente superficiali e basati su campioni numericamente limitatissimi. Nella mia generazione siamo stati abituati a fare inchiesta, che è tuttaltra cosa, una immersione a tutto campo in realtà complesse (una fabbrica, un settore produttivo, un distretto industriale, un gruppo sociale.) L’ inchiesta forniva elementi certi di analisi sui quali basarsi per identificare problemi, predisporre strumenti, elaborare un progetto ed operare politicamente per realizzarlo, il tutto coinvolgendo in tali fasi i soggetti implicati.
Nel campione esaminato risulta che il 60% dei giovani si “interessa” di politica. Peraltro solo il 7% è impegnato politicamente, il 62% si limita a tenersi al corrente, il 13% è disgustato ed il 6% indifferente.
Per rappresentare la politica le prime tre parole usate sono: corruzione, potere, ipocrisia, tutte con valori ben oltre il 40%.
Invece le analoghe parole della mia generazione sopra citata erano: ideale, passione, democrazia, partecipazione, giustizia: tutte peraltro presenti nelle risposte al questionario, ma con valori compresi appena fra il 10% e il 25%.
Tuttavia queste nostre parole ancora si ritrovano per esprimere ciò che dovrebbe essere oggi la politica secondo i giovani sondati. Giustizia per il 65%, democrazia 58%, ideale, partecipazione, progetto, passione dal 42% al 29%; ideologia il 12%, potere il 4%. Quindi c’è un’idea positiva, forse una aspirazione, che non trova peraltro risposte nella realtà.
La politica ed i politici infatti non riscuotono, e mi permetto di dire a buona ragione, la fiducia dei giovani: il 32% non ha nessuna fiducia negli uomini politici italiani, il 54% poca; solo l’11% molta (1) o abbastanza (10).
La domanda sui valori fondamentali della vita vede ai primi posti, per importanza, la famiglia 63%, l’amore 59%, l’amicizia 46%; un po’ distante la salute 25%. Da tali dati emerge chiaramente l’individualismo dei valori. La libertà ottiene il 19%, peraltro intesa come situazione individuale e non politico-sociale; il lavoro è al 13%, la giustizia e la sicurezza economica ambedue all’11%, poi vi sono altri valori individuali come il rispetto al 15%, l’onestà al 13%, la lealtà 8%, la sincerità 5%. Ultimi sono due valori con un portato collettivo, istruzione e solidarietà, al 4%. Sconfortante, anche senza fare il paragone con i valori di un passato recente, dove ai primi posti stavano giustizia, libertà, solidarietà, qualunque fosse la situazione economica e sociale del giovane: erano infatti concetti unificanti.
Il concetto di “sinistra” nel campione si identifica soprattutto con la difesa delle fasce più deboli, dei lavoratori, con il pacifismo e la parità fra i sessi. La lotta al capitalismo come un obbiettivo è indicata dal 46% della parte di campione che si dichiara di centrosinistra, nella quale emergono forti (fra il 70% e l’80%) valori identificativi come laicità, giustizia, solidarietà. La parità fra i sessi marca visita.
Anche da questa indagine dunque emerge un quadro prevalentemente di estraneità fra i giovani e la politica, della quale peraltro le cause vanno equamente distribuite fra la società circostante, la inadeguatezza del sistema formativo, la debolezza educativa di gran parte delle famiglie, divise fra quelle che scaricano la responsabilità della formazione dei figli riempiendoli di doni e soldi e quelle impegnate quotidianamente a lottare con i redditi insufficienti. Come dice il sociologo De Masi, oggi ai giovani mancano le agenzie di socializzazione, la famiglia e la scuola che non svolgono più alcun ruolo in questo senso. Altre cause risultano essere le squallide performances della politica (con rare e scarse eccezioni), le promesse non mantenute, l’opportunismo, i giochi di potere, i cattivi esempi che vengono dall’alto (da tangentopoli ad oggi). I furbetti alla Ricucci ed i furboni alla Fiorani sono dati quasi per scontati nel panorama politico e civile attuale; non suscitano scandalo, anzi talvolta invidia per le opportunità che hanno saputo cogliere. Tutto ciò genera cinismo.
D’altra parte si vede come alcuni giovani hanno un approccio alla politica attraverso i Comuni, l’ente territoriale più vicino ai cittadini.
Da una indagine ANCI Giovani in collaborazione con CITTALIA e SWG-Publica RES emerge che negli ultimi 3 anni c’è stato un aumento di interesse per la politica nel 50% degli intervistati (2600 di cui 2000 sotto i 34 e 600 sopra i 35 anni), i quali guardano al proprio Comune come a una palestra politica. Nei Comuni il 19% degli amministratori ha meno di 35 anni, ed è la percentuale maggiore rispetto a tutti gli enti superiori, che mostrano il minimo del 2,2% fra i deputati (del precedente Parlamento), ma sono tutti comunque a una cifra. Il Comune si conferma il trampolino della politica e il 90% degli intervistati sostiene che bisogna partecipare alla vita del proprio Comune, pur lamentando lo scarso peso attuale. Evidentemente la estraneità della politica si sente meno quanto più l’ambito è vicino alla vita quotidiana dei giovani. Anche questo deve essere oggetto di riflessione.
Da quando una trentina di anni fà Enrico Berlinguer, largamente inascoltato anche dai suoi, sollevò la questione morale, lanciando l’allarme sulla degenerazione dei partiti, divenuti trampolini di carriera, agenzie di collocamento, e non più elementi di organizzazione della società per modificarla, il nostro paese ne è stato progressivamente sommerso; i giovani di cui si tratta sono figli di questo clima.
Ai giovani oggi mancano totalmente dei punti di riferimento credibili, di cui essi hanno bisogno, grandi figure che possano essere di esempio, di guida morale, eletti addirittura a simboli come Che Guevara, Gandhi, John e Robert Kennedy, Enrico Berlinguer stesso.
Con Enrico Berlinguer nel ’75-’76 il PCI registrò una esplosione di adesioni soprattutto da parte di giovani che individuarono in lui un leader morale oltre che una figura positiva della politica. Un altro esempio è quello di Luigi Longo, che nel ’68 riuscì a gestire la situazione aprendo al movimento dei giovani per cui nel ’69 si realizzo l’alleanza studenti-operai. I giovani hanno bisogno di queste figure, non necessariamente organizzatori di movimento, ma punti di riferimento, persone che hanno quel di più di carisma che travalica l’ideologia e la cui indicazione politica ha un legame coerente con il loro comportamento, con la loro vita.

1 commento:

FILIPPO TURATI ha detto...

cara Compagna,
ho letto il tuo appello su Aprileonline.info e sono molto d'accordo con quello che hai scritto.
Mi chiamo Andrea natalini e sono un giovane ragazzo iscritto al PS, per due buoni motivi: perché la mia famiglia mi ha sempre insegnato cosa vuole dire la libertà abbinata alla giustizia sociale e poi perché vorrei lottare in futuro per i diritti civili e il rispetto dei diritti sociali. Qual'è l'unico riferimento politico che dice questo? In Europa sarei chiamato socialista in Italia non so più cosa pensare. Purtroppo siamo ancora in preda e in balia di dirigenze scellerate post-Tangentopoli, piene di pregiudizio e di rivincite personali. Cosa fare? Alcuni di noi, in contatto con alcuni compagni di SD di tutta Italia, hanno ipotizzato la creazione di un tavolo permanente della sinistra italiana, per tracciare la rotta di questa area politica. Un primo passo forse per creare quella Sinistra per il Socialismo europeo.
Ecco il sito internet:
http://tavolopermanente.wordpress.com/