Nei giorni 20-21-22 giugno si terrà presso la vasta area del Museo Cervi a
Gattatico (RE) la Prima Festa Nazionale dell’ANPI (Associazione Nazionale
Partigiani d’Italia).
Si tratta di un’iniziativa promossa e organizzata in particolare dai giovani
antifascisti su cui l’Associazione sta investendo speranze e passione.
Il tema conduttore della Festa - che verrà sviscerato tra interessanti momenti
di confronto ed eventi musicali - sarà il senso dell’essere "partigiani oggi".
Nell’attuale, delicatissimo passaggio storico italiano, segnato da un generale
malessere sociale, da un pericoloso vuoto di valori condivisi e da
un’aggressiva riproposizione di ideologie fasciste e revisioniste, un richiamo
vivace e profondo agli ideali della Resistenza e della Costituzione della
Repubblica, che hanno assicurato alla nazione pace e democrazia per
sessant’anni, può offrire a tutti gli italiani, ed in particolare ai giovani, la forza
giusta per andare avanti uniti e responsabili.
La prima Festa Nazionale dell’ANPI si concluderà con una grande
manifestazione popolare che farà incontrare partigiani, antifascisti, giovani,
cittadini sensibili in uno spazio che è una suggestiva e preziosa officina della
memoria e del futuro: il Museo Cervi.
IL COMITATO NAZIONALE DELL’A.N.P.I.
lunedì 28 aprile 2008
lunedì 14 aprile 2008
Interdipendenze tra macro e microeconomia
14 novembre 2007
La Sinistra che vogliamo
Questo intervento dell'Associazione Luigi Longo, intende ampliare il lavoro realizzato dalle compagne e dai compagni del forum ospitato in homepage da aprileonline. In particolare, si tratta di un confronto sulla sintesi "Quali politiche del lavoro" redatta da Elisa Migliaccio e approvata dai partecipanti al gruppo di discussione
Vorremmo aggiungere alcune cose alla sintesi della relazione redatta da Elisa Migliaccio a conclusione della discussione sul forum ospitato da aprileonline "la sinistra che vogliamo" (in alto a destra su questa homepage, ndr.). Infatti riteniamo che per parlare delle politiche del lavoro sia necessario ampliare il quadro di analisi ed il punto di osservazione. Solamente tenendo presenti le interdipendenze fra macro e microeconomia, i reciproci condizionamenti fra i grandi aggregati economici e le situazioni più specifiche con le quali ci si misura nei campi particolari, fra cui quello del lavoro che riveste per la Sinistra un'importanza primaria, si può avere l'ambizione (e dobbiamo averla) di costruire un programma per la Sinistra unita.
1. L'Italia cresce poco come PIL e nella scala della competitività mondiale si colloca al 40mo posto a fronte della Spagna al 22mo e anche dopo Portogallo, Polonia, Ungheria. Secondo l'Economist il nostro mercato del lavoro ed il regime fiscale sono giudicati fra i peggiori del mondo. La burocrazia è pesantissima e poco efficiente, c'è carenza di infrastrutture, il costo dell'energia è di media 4 volte superiore a quello di altri paesi europei. Tutto ciò scoraggia gli investimenti esteri.Il livello della spesa in ricerca e sviluppo sostenuto dal settore pubblico (incluse le Università) è in Italia intorno al 48% mentre la media UE è del 63%. Il sistema produttivo del paese risulta piuttosto statico (con rare eccezioni e punti di eccellenza in alcuni settori e zone prevalentemente del centro-nord): più di 1/3 delle imprese italiane, circa 1 milione e mezzo con 5 milioni di addetti, si è dotato di strutture organizzative e di modelli di comportamento che mirano alla realizzazione di un reddito stabile ritenuto adeguato; pochissime di esse sono tuttavia sensibili ad esigenze e ad incentivi miranti alla modernizzazione, all'investimento in innovazione, all'aggiornamento del modello tradizionale di specializzazione. Infatti, è vero che cresce la specializzazione nel classico made in Italy ma questa crescita avviene con produzioni manifatturiere polverizzate in microstrutture domiciliari nel Mezzogiorno (vedi Gomorra di Saviane) ovvero in paesi dell'Est, con peso crescente per marchi prestigiosi, o dell'Oriente. Anche questo spiega la bassa produttività del paese. Nella grande maggioranza delle aziende italiane di medie dimensioni gli utili di impresa vengono orientati prevalentemente su investimenti esterni, di natura speculativa, finanziari o immobiliari, invece che in reinvestimenti produttivi o in beni capitali per irrobustire le imprese stesse. Fra il 2000 ed il 2006 le grandi imprese hanno investito negli immobili (che non sono abitazioni per famiglie consumatrici) con aumenti dell'88%, anziché in macchinari, calati del-7%. In questa situazione sono necessari interventi per favorire la creazione di ricchezza (reale).
Occorrerebbe, quindi:
- Evitare le agevolazioni a pioggia (come la riduzione generalizzata del cuneo fiscale) ed invece condizionarle a comportamenti virtuosi, premiando la innovazione e la diversificazione degli investimenti aumentando la quantità e la qualità dell'occupazione.- Incentivare la ricerca per l'innovazione, nel settore pubblico e nelle Università attraverso spese ad hoc e qualificazione del lavoro e nel privato attraverso incentivi agli investimenti in innovazione e lavoro, detassando - per esempio - i profitti reinvestiti all'interno delle aziende in beni strumentali.- Investire nella formazione e nella qualificazione del lavoro. - Adeguare la tassazione delle rendite finanziarie ai livelli europei.- Promuovere in sede europea una specie di nuova formulazione della Tobin tax che disincentivi i movimenti di capitale a breve di tipo speculativo, che necessariamente non deve riguardare un solo o pochi paesi.
2. - Dualità del paese e aumento della forbice fra ricchi e poveri.Oltre che crescere meno degli altri paesi europei l'Italia cresce male; infatti aumenta il divario fra centro-nord e sud, fra imprese innovative ed imprese di sussistenza, fra ricchi e poveri,fra donne e uomini, fra giovani, età medie e anziani. Il 20% delle persone più ricche si appropria del 40% del reddito complessivo, mentre il 20% più povero della popolazione dispone del 7,8%. La non equa distribuzione è progressivamente in aumento. Da qualunque punto di vista le situazioni migliori del sud tendono ad essere sempre un po' inferiori a quelle migliori del nord.Come appare dal rapporto ISTAT e dal dati recentissimi della Charitas la povertà è in aumento, con percentuali doppie nel mezzogiorno rispetto al resto del paese.A livello di grandezze macroeconomiche l'insieme del reddito disponibile delle famiglie è rimasto invariato, mentre è aumentata in valore la spesa in consumi poiché è cresciuta in generale l'inflazione e particolarmente i prezzi di alcuni settori, gli alimentari e le tariffe essenziali, riducendo il risparmio delle famiglie che ne disponevano ed aumentando l'indebitamento. E' necessario dunque attivare controlli sui prezzi lungo tutta la filiera produttiva e sulle tariffe.Per attuare una buona politica di welfare che promuova adeguate condizioni materiali di vita per tutti è necessario pensare ad un ventaglio di soluzioni strutturali che vadano oltre le elargizioni monetarie e riguardino le condizioni esistenziali complessive delle persone. Tali politiche, oltre che rispondere all'esigenza dell'equità, possono generare anche opportunità di sviluppo economico e sociale del paese.
3. E' essenziale rivedere la distribuzione del reddito sempre più sbilanciata nei dati macroeconomici a sfavore del lavoro.I salari sono fra i più bassi d'Europa.La questione salariale va affrontata in accordo con le organizzazioni sindacali e nell'ambito degli accordi vigenti. Occorrono interventi di politica dei redditi redistributiva in favore dell'occupazione stabile, dei redditi da lavoro dipendente e delle pensioni.E' necessaria una legislazione per una moderna forma di scala mobile ed inoltre dispositivi per disincentivare l'ingresso di merci provenienti da aree e paesi che non rispettano i diritti sul lavoro come mediamente in Europa sono riconosciuti.Punti essenziali sono anche il controllo del processo lavorativo e delle condizioni di lavoro, la sicurezza sul lavoro, la lotta alla precarietà ed al lavoro nero.Oltre ai controlli adeguati si dovrebbero attivare forme obbligatorie di formazione antinfortunistica per i lavoratori, con spese a carico delle aziende e dello Stato.Il lavoro precario deve essere per l'azienda meno conveniente di quello a tempo indeterminato, e comunque con limiti e quantità rigidi, fatto salvo il part-time concordato nei modi e nei tempi ed immodificabile unilateralmente dall'azienda.Bisogna inoltre intervenire con un miglioramento sui lavori usuranti, anche se nell'ultimo anno alcuni passi avanti sono stati compiuti; sono infatti da eliminare le quote annue di lavoratori con diritto al pensionamento anticipato poiché il diritto alla salute non può essere subordinato alle questioni economiche ed è dubbia la legalità di trattamenti differenziati. Per quanto riguarda i turnisti di notte si è introdotto un numero di turni così alto da essere praticamente impossibile ottenere il diritto al prepensionamento, per cui il riconoscimento resta solo sul piano teorico. Occorre abbassare il numero fino a 60 o al massimo 65 turni annui.La stabilizzazione dei precari dei settori pubblici deve essere fatta attraverso forme coerenti di reclutamento ovvero attraverso concorsi pubblici riconoscendo un punteggio per il lavoro precario svolto. Diversamente si accetterebbe il concetto di una diversificazione delle modalità di assunzione nel pubblico impiego con una sorta di discriminazione verso quanti non hanno potuto accedere neanche al precariato. (Siamo sicuri che l'accesso a forme di precariato nella PA non sia talvolta avvenuto attraverso meccanismi clientelari a scapito di altri?) Comunque la PA deve ricorrere al lavoro precario solo nei casi e con i limiti previsti nei CCNL e dalle esternalizzazioni devono essere tassativamente esclusi i servizi e le attività che sono il "core business" degli stessi, come ad esempio i servizi di cura e di assistenza alla persona per il Servizio Sanitario Nazionale o, per fare un altro esempio, la riscossione di tributi per le pubbliche amministrazioni. Per quanto riguarda gli appalti va anche potenziata o reinserita la norma della responsabilità diretta dell'azienda pubblica appaltante nei confronti delle inadempienze delle aziende cui sono stati assegnati gli appalti.
4. Nel nostro paese il tasso di attività femminile (inserimento nel lavoro delle donne) nel 2006 è il 51%, a fronte del 63% dell'Europa a 15. E soprattutto nel mezzogiorno si registra un progressivo ritiro delle donne dal mercato del lavoro. Al sud i tassi di attività femminile sono fra i più bassi d'Europa. Il persistente modello familista di gestione dei rischi sociali implica che sia sempre il lavoro femminile a risentirne. Questa è la riprova di un sistema di welfare che non sostiene adeguatamente le attività di cura e di assistenza alla famiglia (nonostante l'ossessiva retorica familistica presente) e alimenta la cosiddetta "zona grigia" dell'inattività femminile concentrata per 2/3 nel mezzogiorno. A ciò va posto rimedio.La disoccupazione giovanile e la rinuncia della popolazione femminile a cercare lavoro sono fenomeni preoccupanti oltre che per le condizioni materiali di vita anche per la legalità.Altro fenomeno preoccupante è la ripresa delle migrazioni interne. Anche per questi problemi non è pensabile un' unica soluzione riguardante solo il lavoro in quanto tale, ma occorrono vari interventi integrati e coordinati su tutto il contesto economico, sociale, formativo, occupazionale, insomma c'è bisogno di "una politica" per il mezzogiorno.
5. Immigrati. La relazione esprime bene anche la nostra opinione.
IN CONCLUSIONE IN QUESTO PAESE SONO NECESSARI UNA SERIE DI INTERVENTI DI POLITICA ECONOMICA, FISCALE, SOCIALE E DEL LAVORO coerenti e compatibili, miranti alla crescita della ricchezza, alla equa redistribuzione del reddito, ad un sistema impositivo e di spesa dello Stato che generi uguaglianza dei sacrifici e delle opportunità, alla eliminazione dello sfruttamento e valorizzazione del lavoro, al miglioramento delle condizioni materiali di vita dei lavoratori e dei soggetti più sfavoriti.
Grazia Paoletti e Piercarlo Albertosi (Associazione Luigi Longo)
La Sinistra che vogliamo
Questo intervento dell'Associazione Luigi Longo, intende ampliare il lavoro realizzato dalle compagne e dai compagni del forum ospitato in homepage da aprileonline. In particolare, si tratta di un confronto sulla sintesi "Quali politiche del lavoro" redatta da Elisa Migliaccio e approvata dai partecipanti al gruppo di discussione
Vorremmo aggiungere alcune cose alla sintesi della relazione redatta da Elisa Migliaccio a conclusione della discussione sul forum ospitato da aprileonline "la sinistra che vogliamo" (in alto a destra su questa homepage, ndr.). Infatti riteniamo che per parlare delle politiche del lavoro sia necessario ampliare il quadro di analisi ed il punto di osservazione. Solamente tenendo presenti le interdipendenze fra macro e microeconomia, i reciproci condizionamenti fra i grandi aggregati economici e le situazioni più specifiche con le quali ci si misura nei campi particolari, fra cui quello del lavoro che riveste per la Sinistra un'importanza primaria, si può avere l'ambizione (e dobbiamo averla) di costruire un programma per la Sinistra unita.
1. L'Italia cresce poco come PIL e nella scala della competitività mondiale si colloca al 40mo posto a fronte della Spagna al 22mo e anche dopo Portogallo, Polonia, Ungheria. Secondo l'Economist il nostro mercato del lavoro ed il regime fiscale sono giudicati fra i peggiori del mondo. La burocrazia è pesantissima e poco efficiente, c'è carenza di infrastrutture, il costo dell'energia è di media 4 volte superiore a quello di altri paesi europei. Tutto ciò scoraggia gli investimenti esteri.Il livello della spesa in ricerca e sviluppo sostenuto dal settore pubblico (incluse le Università) è in Italia intorno al 48% mentre la media UE è del 63%. Il sistema produttivo del paese risulta piuttosto statico (con rare eccezioni e punti di eccellenza in alcuni settori e zone prevalentemente del centro-nord): più di 1/3 delle imprese italiane, circa 1 milione e mezzo con 5 milioni di addetti, si è dotato di strutture organizzative e di modelli di comportamento che mirano alla realizzazione di un reddito stabile ritenuto adeguato; pochissime di esse sono tuttavia sensibili ad esigenze e ad incentivi miranti alla modernizzazione, all'investimento in innovazione, all'aggiornamento del modello tradizionale di specializzazione. Infatti, è vero che cresce la specializzazione nel classico made in Italy ma questa crescita avviene con produzioni manifatturiere polverizzate in microstrutture domiciliari nel Mezzogiorno (vedi Gomorra di Saviane) ovvero in paesi dell'Est, con peso crescente per marchi prestigiosi, o dell'Oriente. Anche questo spiega la bassa produttività del paese. Nella grande maggioranza delle aziende italiane di medie dimensioni gli utili di impresa vengono orientati prevalentemente su investimenti esterni, di natura speculativa, finanziari o immobiliari, invece che in reinvestimenti produttivi o in beni capitali per irrobustire le imprese stesse. Fra il 2000 ed il 2006 le grandi imprese hanno investito negli immobili (che non sono abitazioni per famiglie consumatrici) con aumenti dell'88%, anziché in macchinari, calati del-7%. In questa situazione sono necessari interventi per favorire la creazione di ricchezza (reale).
Occorrerebbe, quindi:
- Evitare le agevolazioni a pioggia (come la riduzione generalizzata del cuneo fiscale) ed invece condizionarle a comportamenti virtuosi, premiando la innovazione e la diversificazione degli investimenti aumentando la quantità e la qualità dell'occupazione.- Incentivare la ricerca per l'innovazione, nel settore pubblico e nelle Università attraverso spese ad hoc e qualificazione del lavoro e nel privato attraverso incentivi agli investimenti in innovazione e lavoro, detassando - per esempio - i profitti reinvestiti all'interno delle aziende in beni strumentali.- Investire nella formazione e nella qualificazione del lavoro. - Adeguare la tassazione delle rendite finanziarie ai livelli europei.- Promuovere in sede europea una specie di nuova formulazione della Tobin tax che disincentivi i movimenti di capitale a breve di tipo speculativo, che necessariamente non deve riguardare un solo o pochi paesi.
2. - Dualità del paese e aumento della forbice fra ricchi e poveri.Oltre che crescere meno degli altri paesi europei l'Italia cresce male; infatti aumenta il divario fra centro-nord e sud, fra imprese innovative ed imprese di sussistenza, fra ricchi e poveri,fra donne e uomini, fra giovani, età medie e anziani. Il 20% delle persone più ricche si appropria del 40% del reddito complessivo, mentre il 20% più povero della popolazione dispone del 7,8%. La non equa distribuzione è progressivamente in aumento. Da qualunque punto di vista le situazioni migliori del sud tendono ad essere sempre un po' inferiori a quelle migliori del nord.Come appare dal rapporto ISTAT e dal dati recentissimi della Charitas la povertà è in aumento, con percentuali doppie nel mezzogiorno rispetto al resto del paese.A livello di grandezze macroeconomiche l'insieme del reddito disponibile delle famiglie è rimasto invariato, mentre è aumentata in valore la spesa in consumi poiché è cresciuta in generale l'inflazione e particolarmente i prezzi di alcuni settori, gli alimentari e le tariffe essenziali, riducendo il risparmio delle famiglie che ne disponevano ed aumentando l'indebitamento. E' necessario dunque attivare controlli sui prezzi lungo tutta la filiera produttiva e sulle tariffe.Per attuare una buona politica di welfare che promuova adeguate condizioni materiali di vita per tutti è necessario pensare ad un ventaglio di soluzioni strutturali che vadano oltre le elargizioni monetarie e riguardino le condizioni esistenziali complessive delle persone. Tali politiche, oltre che rispondere all'esigenza dell'equità, possono generare anche opportunità di sviluppo economico e sociale del paese.
3. E' essenziale rivedere la distribuzione del reddito sempre più sbilanciata nei dati macroeconomici a sfavore del lavoro.I salari sono fra i più bassi d'Europa.La questione salariale va affrontata in accordo con le organizzazioni sindacali e nell'ambito degli accordi vigenti. Occorrono interventi di politica dei redditi redistributiva in favore dell'occupazione stabile, dei redditi da lavoro dipendente e delle pensioni.E' necessaria una legislazione per una moderna forma di scala mobile ed inoltre dispositivi per disincentivare l'ingresso di merci provenienti da aree e paesi che non rispettano i diritti sul lavoro come mediamente in Europa sono riconosciuti.Punti essenziali sono anche il controllo del processo lavorativo e delle condizioni di lavoro, la sicurezza sul lavoro, la lotta alla precarietà ed al lavoro nero.Oltre ai controlli adeguati si dovrebbero attivare forme obbligatorie di formazione antinfortunistica per i lavoratori, con spese a carico delle aziende e dello Stato.Il lavoro precario deve essere per l'azienda meno conveniente di quello a tempo indeterminato, e comunque con limiti e quantità rigidi, fatto salvo il part-time concordato nei modi e nei tempi ed immodificabile unilateralmente dall'azienda.Bisogna inoltre intervenire con un miglioramento sui lavori usuranti, anche se nell'ultimo anno alcuni passi avanti sono stati compiuti; sono infatti da eliminare le quote annue di lavoratori con diritto al pensionamento anticipato poiché il diritto alla salute non può essere subordinato alle questioni economiche ed è dubbia la legalità di trattamenti differenziati. Per quanto riguarda i turnisti di notte si è introdotto un numero di turni così alto da essere praticamente impossibile ottenere il diritto al prepensionamento, per cui il riconoscimento resta solo sul piano teorico. Occorre abbassare il numero fino a 60 o al massimo 65 turni annui.La stabilizzazione dei precari dei settori pubblici deve essere fatta attraverso forme coerenti di reclutamento ovvero attraverso concorsi pubblici riconoscendo un punteggio per il lavoro precario svolto. Diversamente si accetterebbe il concetto di una diversificazione delle modalità di assunzione nel pubblico impiego con una sorta di discriminazione verso quanti non hanno potuto accedere neanche al precariato. (Siamo sicuri che l'accesso a forme di precariato nella PA non sia talvolta avvenuto attraverso meccanismi clientelari a scapito di altri?) Comunque la PA deve ricorrere al lavoro precario solo nei casi e con i limiti previsti nei CCNL e dalle esternalizzazioni devono essere tassativamente esclusi i servizi e le attività che sono il "core business" degli stessi, come ad esempio i servizi di cura e di assistenza alla persona per il Servizio Sanitario Nazionale o, per fare un altro esempio, la riscossione di tributi per le pubbliche amministrazioni. Per quanto riguarda gli appalti va anche potenziata o reinserita la norma della responsabilità diretta dell'azienda pubblica appaltante nei confronti delle inadempienze delle aziende cui sono stati assegnati gli appalti.
4. Nel nostro paese il tasso di attività femminile (inserimento nel lavoro delle donne) nel 2006 è il 51%, a fronte del 63% dell'Europa a 15. E soprattutto nel mezzogiorno si registra un progressivo ritiro delle donne dal mercato del lavoro. Al sud i tassi di attività femminile sono fra i più bassi d'Europa. Il persistente modello familista di gestione dei rischi sociali implica che sia sempre il lavoro femminile a risentirne. Questa è la riprova di un sistema di welfare che non sostiene adeguatamente le attività di cura e di assistenza alla famiglia (nonostante l'ossessiva retorica familistica presente) e alimenta la cosiddetta "zona grigia" dell'inattività femminile concentrata per 2/3 nel mezzogiorno. A ciò va posto rimedio.La disoccupazione giovanile e la rinuncia della popolazione femminile a cercare lavoro sono fenomeni preoccupanti oltre che per le condizioni materiali di vita anche per la legalità.Altro fenomeno preoccupante è la ripresa delle migrazioni interne. Anche per questi problemi non è pensabile un' unica soluzione riguardante solo il lavoro in quanto tale, ma occorrono vari interventi integrati e coordinati su tutto il contesto economico, sociale, formativo, occupazionale, insomma c'è bisogno di "una politica" per il mezzogiorno.
5. Immigrati. La relazione esprime bene anche la nostra opinione.
IN CONCLUSIONE IN QUESTO PAESE SONO NECESSARI UNA SERIE DI INTERVENTI DI POLITICA ECONOMICA, FISCALE, SOCIALE E DEL LAVORO coerenti e compatibili, miranti alla crescita della ricchezza, alla equa redistribuzione del reddito, ad un sistema impositivo e di spesa dello Stato che generi uguaglianza dei sacrifici e delle opportunità, alla eliminazione dello sfruttamento e valorizzazione del lavoro, al miglioramento delle condizioni materiali di vita dei lavoratori e dei soggetti più sfavoriti.
Grazia Paoletti e Piercarlo Albertosi (Associazione Luigi Longo)
martedì 8 aprile 2008
Lavoro in turni notturni - Proposta per i gruppi parlamentari
Documento inviato ai gruppi parlamentari di PdCI, Prc e Ds – Novembre 2005
MATERIALI
PER PROPOSTA DI MODIFICA TABELLA A DEL D.Lgs. 374/93 A FAVORE DEI LAVORATORI IN TURNI NOTTURNI
Studio a cura dell’Associazione “Luigi Longo”
Legislazione e normativa di riferimento:
Legge 23 ottobre 1992 n° 421 recante norme per benefici per lavoratori adibiti ad attività usuranti
Decreto legislativo 11 agosto 1993 n. 374 e sue modificazioni emanato in attuazione della L. 421/92
Direttiva Europea n°104 del 1993 concernente alcuni aspetti dell’organizzazione degli orari di lavoro”.
Decreto legislativo 26 novembre 1999 n° 532 “Nuove disposizioni in tema di ricorso al lavoro notturno” e Circolare n.13 del 14 marzo 2000 del Ministero del Lavoro a chiarimento di alcuni aspetti legislativi in materia di lavoro notturno.
Decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 di riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in recepimento delle Direttive comunitarie 93/104 e 2000/34
a) ai sensi dell’art. 2 del D.lgs n. 374/93 “ Per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, nonché per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, prevalentemente occupati, a decorrere dalla entrata in vigore del presente decreto legislativo, nelle attività particolarmente usuranti di cui all’art. 1, il limite di età pensionabile previsto dai rispettivi ordinamenti previdenziali è anticipato di due mesi per ogni anno di occupazione nelle predette attività, fino ad un massimo di sessanta mesi complessivamente considerati.. Per i lavoratori impegnati in lavori particolarmente usuranti, per le caratteristiche di maggior gravità dell’usura che questi presentano, anche sotto il profilo delle aspettative di vita e dell’esposizione al rischio professionale di particolare intensità, viene inoltre ridotto il limite di anzianità contributiva di un anno ogni dieci di occupazione nelle attività di cui sopra, fino ad un massimo di ventiquattro mesi complessivamente considerati.
b) Ai sensi della Direttiva Europea 93/104 si intende per:
1) “orario di lavoro”: qualsiasi periodo in cui i lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, …
2) “periodo di riposo”: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro;
3) “periodo notturno”: qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l’intervallo tra le ore 24 e le ore 5;
4) “lavoratore notturno”:
a) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegato in modo normale; e
b) qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dallo Stato membro interessato: … omissis…
5) “lavoro a turni”: qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, ed il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro ad ore differenti su un periodo determinato di giorni o settimane;
6) “lavoratore a turni”: qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni.
c) Direttiva Europea 93/104:
Art. 8 – Durata del lavoro notturno …
Art. 9 – Valutazione della salute dei lavoratori notturni …
Art. 10 – Garanzie per lavoro in periodo notturno …
Art. 11 – Informazione in caso di ricorso regolare ai lavoratori notturni …
d) Circolare 13/2000 del Ministero del Lavoro:
…è da considerarsi come “notturno” il lavoro che non sia inferiore alle sette ore consecutive all’interno delle quali vi deve essere contenuta la fascia oraria tra le 24 e le 5 del mattino. Più semplicemente è considerato lavoro notturno quello prestato:
- dalle ore 22 alle ore 5;
- dalle ore 23 alle ore 6;
- dalle ore 24 alle ore 7.
… è considerato lavoratore notturno chiunque svolga, in via non eccezionale, “una parte”
del suo normale orario di lavoro durante il periodo notturno come sopra indicato.
Il lavoro notturno ed i lavoratori notturni … entrano nelle procedure di tutela disciplinate dal
D.lgs 19 settembre 1994, n. 626 e successive variazioni.
Infatti nei confronti dei suddetti “lavoratori notturni”, il datore di lavoro deve provvedere,
tramite il medico competente:
- alle visite mediche preventive …
- alle visite mediche periodiche, almeno ogni due anni, per accertare il loro stato di salute;
- alle visite mediche in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno…
e) I risultati di specifici studi scientifici hanno evidenziato un’alta prevalenza di
ipertensione arteriosa in soggetti che svolgevano lavoro a turni diurni e notturni e
contemporaneamente una bassa frequenza di ipertensione arteriosa in soggetti con attività
esclusivamente diurne. Gli stessi studi hanno messo in evidenza l’incremento di patologie
cardiovascolari tra i lavoratori notturni individuando una stretta associazione tra lavoro a
turni e malattie cardiovascolari.
f) La stessa Direttiva Europea 93/104 riconosce che l’organismo umano è più vulnerabile di
notte nei riguardi di alterazioni ambientali e che certe forme stressanti di organizzazione del
lavoro e lunghi periodi di lavoro notturno possono essere deleteri per la salute.
CONCLUSIONI
La Tabella A allegata al D lgs 374/93 viene così modificata:
la frase “Lavoro notturno continuativo” è sostituita da : ”lavoratori che svolgono lavoro notturno per un minimo di 60 turni lavorativi all’anno”.
MATERIALI
PER PROPOSTA DI MODIFICA TABELLA A DEL D.Lgs. 374/93 A FAVORE DEI LAVORATORI IN TURNI NOTTURNI
Studio a cura dell’Associazione “Luigi Longo”
Legislazione e normativa di riferimento:
Legge 23 ottobre 1992 n° 421 recante norme per benefici per lavoratori adibiti ad attività usuranti
Decreto legislativo 11 agosto 1993 n. 374 e sue modificazioni emanato in attuazione della L. 421/92
Direttiva Europea n°104 del 1993 concernente alcuni aspetti dell’organizzazione degli orari di lavoro”.
Decreto legislativo 26 novembre 1999 n° 532 “Nuove disposizioni in tema di ricorso al lavoro notturno” e Circolare n.13 del 14 marzo 2000 del Ministero del Lavoro a chiarimento di alcuni aspetti legislativi in materia di lavoro notturno.
Decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 di riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in recepimento delle Direttive comunitarie 93/104 e 2000/34
a) ai sensi dell’art. 2 del D.lgs n. 374/93 “ Per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, nonché per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, prevalentemente occupati, a decorrere dalla entrata in vigore del presente decreto legislativo, nelle attività particolarmente usuranti di cui all’art. 1, il limite di età pensionabile previsto dai rispettivi ordinamenti previdenziali è anticipato di due mesi per ogni anno di occupazione nelle predette attività, fino ad un massimo di sessanta mesi complessivamente considerati.. Per i lavoratori impegnati in lavori particolarmente usuranti, per le caratteristiche di maggior gravità dell’usura che questi presentano, anche sotto il profilo delle aspettative di vita e dell’esposizione al rischio professionale di particolare intensità, viene inoltre ridotto il limite di anzianità contributiva di un anno ogni dieci di occupazione nelle attività di cui sopra, fino ad un massimo di ventiquattro mesi complessivamente considerati.
b) Ai sensi della Direttiva Europea 93/104 si intende per:
1) “orario di lavoro”: qualsiasi periodo in cui i lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, …
2) “periodo di riposo”: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro;
3) “periodo notturno”: qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l’intervallo tra le ore 24 e le ore 5;
4) “lavoratore notturno”:
a) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegato in modo normale; e
b) qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dallo Stato membro interessato: … omissis…
5) “lavoro a turni”: qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, ed il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro ad ore differenti su un periodo determinato di giorni o settimane;
6) “lavoratore a turni”: qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni.
c) Direttiva Europea 93/104:
Art. 8 – Durata del lavoro notturno …
Art. 9 – Valutazione della salute dei lavoratori notturni …
Art. 10 – Garanzie per lavoro in periodo notturno …
Art. 11 – Informazione in caso di ricorso regolare ai lavoratori notturni …
d) Circolare 13/2000 del Ministero del Lavoro:
…è da considerarsi come “notturno” il lavoro che non sia inferiore alle sette ore consecutive all’interno delle quali vi deve essere contenuta la fascia oraria tra le 24 e le 5 del mattino. Più semplicemente è considerato lavoro notturno quello prestato:
- dalle ore 22 alle ore 5;
- dalle ore 23 alle ore 6;
- dalle ore 24 alle ore 7.
… è considerato lavoratore notturno chiunque svolga, in via non eccezionale, “una parte”
del suo normale orario di lavoro durante il periodo notturno come sopra indicato.
Il lavoro notturno ed i lavoratori notturni … entrano nelle procedure di tutela disciplinate dal
D.lgs 19 settembre 1994, n. 626 e successive variazioni.
Infatti nei confronti dei suddetti “lavoratori notturni”, il datore di lavoro deve provvedere,
tramite il medico competente:
- alle visite mediche preventive …
- alle visite mediche periodiche, almeno ogni due anni, per accertare il loro stato di salute;
- alle visite mediche in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno…
e) I risultati di specifici studi scientifici hanno evidenziato un’alta prevalenza di
ipertensione arteriosa in soggetti che svolgevano lavoro a turni diurni e notturni e
contemporaneamente una bassa frequenza di ipertensione arteriosa in soggetti con attività
esclusivamente diurne. Gli stessi studi hanno messo in evidenza l’incremento di patologie
cardiovascolari tra i lavoratori notturni individuando una stretta associazione tra lavoro a
turni e malattie cardiovascolari.
f) La stessa Direttiva Europea 93/104 riconosce che l’organismo umano è più vulnerabile di
notte nei riguardi di alterazioni ambientali e che certe forme stressanti di organizzazione del
lavoro e lunghi periodi di lavoro notturno possono essere deleteri per la salute.
CONCLUSIONI
La Tabella A allegata al D lgs 374/93 viene così modificata:
la frase “Lavoro notturno continuativo” è sostituita da : ”lavoratori che svolgono lavoro notturno per un minimo di 60 turni lavorativi all’anno”.
a cura di Piercarlo Albertosi - Associazione Luigi Longo
sabato 5 aprile 2008
Verso l'unità della sinistra - Carrara 23 marzo 2007
Sala di Rappresentanza del Comune
“Verso l’Unità della Sinistra – Le ipotesi in campo”
TAVOLA ROTONDA
Partecipano:
on Paolo Ciofi, Associazione per il Rinnovamento della Sinistra
sen Claudio Grassi, Partito della Rifondazione Comunista
sen Gianfranco Pagliarulo, Sinistra Rossoverde
Presiede:
Letizia Lindi, Circolo di iniziativa culturale carrarese
Per sopraggiunte ed improvvise difficoltà non ha potuto essere presente l’on Pino Sgobio del Partito dei Comunisti Italiani
Introduzione di Piercarlo Albertosi dell’Associazione “Luigi Longo”
Ringrazio i presenti in sala ed i compagni con i quali discuteremo sul delicato tema dell’unità della sinistra e sulle ipotesi che sono in campo. Ne ascolteremo i punti di vista, le proposte ed anche le difficoltà che eventualmente ci prospettano con l’attenzione ed il rispetto dovuti a chi, rappresentando organizzazioni complesse e collegiali come partiti e associazioni, deve procedere con cautela per consentire una sintesi che riesca a rappresentare il più possibile la volontà degli iscritti e degli associati.
Naturalmente il mio auspicio è che la discussione di oggi consenta di fare un ulteriore passo in avanti verso la riaggregazione di tutta la sinistra italiana, che è qualcosa di più impegnativo – come si può convenire – rispetto alla pur utile ricerca di alleanze elettorali o di patti di consultazione tra gli eletti nelle amministrazioni locali e regionali e proprio per questo necessita di percorsi attenti, ragionati, senza fughe in avanti ma anche senza retropensieri paralizzanti.
Mi limiterò, nell’introdurre questa Tavola Rotonda, a fornire alcuni spunti di ragionamento e a proporre in maniera sintetica le coordinate di una discussione che entri nel merito della questione.
Primo spunto. In questi giorni, sulle pagine nazionali de l’Unità, alcuni esponenti del mondo della cultura e del sindacato hanno lanciato un appello ai militanti Ds (che in questi giorni sono nel pieno dei loro congressi di base) affinché sostengano le ragioni contrarie alla creazione del Partito Democratico. “Ci siamo formati la convinzione – essi dicono significativamente – che in Italia c’è bisogno di un grande partito della sinistra che, a partire dalla piena rappresentanza del lavoro, sia un soggetto di trasformazione e di cambiamento della società, opponendosi così alla deriva moderata di una parte della sinistra italiana”.
Secondo. Per la prima volta, dopo 60 anni, tutta la sinistra rappresentata nei partiti è al governo del Paese, ne condivide il programma che essa stessa ha contribuito a scrivere manifestando una omogeneità di indirizzi politici su moltissime questioni di politica interna (pensioni, fiscalità, laicità dello Stato, difesa della Costituzione, diritti civili e sul lavoro, ecc) e di politica internazionale (pace, ambiente, ruolo dell’Europa, politica verso i paesi del Mediterraneo, questione israelo-palestinese, ecc). In sostanza, le differenze ed i distinguo che per decenni hanno segnato la storia dei rapporti a sinistra ed hanno alimentato conflittualità e competizioni elettorali, sono sempre più sottili e sfumati, fino spesso a scomparire.
Terzo. L’avvio del processo verso il PD da parte di Ds e Margherita, la fibrillazione nel centrosinistra nel corso della recente crisi del governo Prodi, le grandi manovre per ricostruire un centro politico tra Udc, Udeur, IdV con il dichiarato intento di favorire la nascita di un nuovo e diverso centrosinistra senza quella sinistra che loro definiscono estrema (cioè noi), hanno accelerato la discussione sull’idea della riunificazione di una sinistra che – va tenuto presente – non è tutta ricompresa nei partiti ma, anzi, essi ne organizzano una parte minoritaria.
Quarto. Lo scenario mondiale vede la piena affermazione del modello capitalistico. Emergono in maniera devastante tutti i grossi limiti e la sua incapacità a dominare il mostro che esso stesso ha generato con la rottura dell’equilibrio ambientale che sta portando alla distruzione del pianeta, con le paurose disuguaglianze sociali tra i diversi Paesi ed all’interno degli stessi paesi capitalistici, con le disuguaglianze tra i sessi, tra le generazioni, tra le classi, con l’esplosione di violenti fondamentalismi (non solo religiosi) e l’irruzione di scenari di guerre senza fine per il controllo delle aree militarmente strategiche e per il controllo delle fonti energetiche, con l’eclissi delle libertà civili, dei diritti sul lavoro, della democrazia che sempre più sta diventando un simulacro, con la mercificazione dei beni comuni (acqua, spazio, scienza, cultura) fino alla privatizzazione (attraverso la brevettazione) dei principi stessi della vita come sta accadendo per molti farmaci salvavita e per la sequenza del genoma.
Quinto. In una nostra precedente iniziativa organizzata nel febbraio scorso a Firenze sul medesimo tema, il compagno Aldo Tortorella (che stasera è impegnato sempre a Firenze in una iniziativa analoga a questa) ha ricordato come “stia prepotentemente avanzando un processo di subordinazione e di svalorizzazione del lavoro che rappresenta il massimo dello sfruttamento e dell’alienazione”. Concetto analogo lo troviamo nelle tesi congressuali del PdCI che sottolineano, in aggiunta, la modernità di rendere centrale per la sinistra il tema del lavoro salariato. Tutto questo mentre si stanno sviluppando in maniera rapidissima le innovazioni tecnologiche e scientifiche in tutti i campi e mentre – parallelamente – la stragrande maggioranza dell’umanità convive con povertà, paura, malattie, insicurezza, distruzione sistematica della natura.
Ce n’è abbastanza per porci la classica domanda del “che fare?” ma anche per ragionare su come accelerare i tempi della risposta e le forme dell’auspicata unità che possono rendere tale risposta non solo efficace nell’immediato ma anche solida per la prospettiva.
Insomma, servono non operazioni congiunturali per sopravvivere ad una aggressione immediata e per “passare la nottata” bensì per riscoprire il valore della categoria del “pensiero lungo” per dirla con Berlinguer, cioè, quel tipo di analisi lucidamente attenta alla realtà senza dogmatismi e devianti ideologismi che consente di aggredire i problemi alla radice ed inserire le soluzioni e le proposte all’interno di una visione strategica di trasformazione della società.
Di certo oggi è aumentata la consapevolezza che occorra ridiscutere i fondamenti politici di quella che dovrà essere la sinistra dei prossimi decenni. In sostanza una sorta di nuovo Manifesto della sinistra moderna che possa reggere alle sfide del mondo contemporaneo.
Tuttavia, preliminarmente o, quantomeno, contestualmente a questo occorre porsi il problema – appunto – del mettere fine alla diaspora, alla frammentazione, alla divisione.
Quali forme e percorsi debba assumere questa riaggregazione o riunificazione è la questione dell’oggi. Qui sta uno dei punti cruciali poiché un processo del genere non può essere costruito né con leggerezza né con precipitazione e, soprattutto, non è appannaggio dei soli partiti; viceversa occorre una discussione che coinvolga il più vasto popolo della sinistra a partire dal contributo - che non può che rivelarsi prezioso - di molti intellettuali che negli ultimi anni sono stati messi ai margini da una pratica politica sempre più autoreferenziale, escludente e permeata di tatticismi.
Oggi ritroviamo in campo più proposte, tutte di estremo interesse che solo in apparenza possono risultare lontane tra di loro e che in realtà non lo sono. Ne cito alcune: la Confederazione della sinistra, la Rete dei partiti e dei movimenti della sinistra, la Sinistra Europea, la Costituente di una Sinistra Nuova. Proposte avanzate da partiti, da settori di partito, da associazioni, da aree del sindacalismo di sinistra. Occorre entrare con i piedi nel piatto affinché la discussione non resti nell’astratto.
Le recenti dichiarazioni di Bertinotti sulla necessità di costruire una “massa critica”, di Cossutta che auspica “una sinistra unita che sappia parlare al popolo”, di Diliberto che rilancia la tesi di “sinistra federata” magari come fase transitoria, le posizioni dentro la sinistra Ds che parlano della “necessità di mantenere aperta una prospettiva socialista”, la pressione di alcune importanti associazioni nazionali affinché si inizi il percorso della Costituente della Sinistra Nuova, rappresentano il segnale più forte e più evidente che i tempi sono maturi.
UNITI A SINISTRA - CARRARA
Unità a Sinistra … a Carrara
Associazione politico-culturale "Luigi Longo"
Circolo di iniziativa culturale carrarese
INIZIATIVA PUBBLICA
VENERDI’ 23 MARZO 2007 ore 17.00
c/o sala di rappresentanza Comune di Carrara
VERSO L’UNITA’ DELLA SINISTRA
Le ipotesi in campo
Tavola Rotonda con
sen. Piero DI SIENA
sen. Claudio GRASSI
sen. Gianfranco PAGLIARULO
on. Pino SGOBIO
Presiede: Letizia LINDI, Circolo di iniziativa culturale carrarese
Introduce: Piercarlo ALBERTOSI, Associazione “Luigi Longo”
Hanno aderito:
Comitato toscano per difesa della Costituzione –Riviste: Sinistra. - Aprile on line - Il Ponte - L’Ernesto
Associazione politico-culturale "Luigi Longo"
Circolo di iniziativa culturale carrarese
INIZIATIVA PUBBLICA
VENERDI’ 23 MARZO 2007 ore 17.00
c/o sala di rappresentanza Comune di Carrara
VERSO L’UNITA’ DELLA SINISTRA
Le ipotesi in campo
Tavola Rotonda con
sen. Piero DI SIENA
sen. Claudio GRASSI
sen. Gianfranco PAGLIARULO
on. Pino SGOBIO
Presiede: Letizia LINDI, Circolo di iniziativa culturale carrarese
Introduce: Piercarlo ALBERTOSI, Associazione “Luigi Longo”
Hanno aderito:
Comitato toscano per difesa della Costituzione –Riviste: Sinistra. - Aprile on line - Il Ponte - L’Ernesto
Unità della rappresentanza ed unità organizzativa
06 luglio 2007
Sui giornali nazionali e in molte realtà locali abbiamo osservato un fenomeno che suscita preoccupazione. Si registrano infatti numerosi incontri fra dirigenti e/o personalità istituzionali di Sinistra Democratica, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Socialisti, Verdi - non sempre peraltro tutti o tutti insieme - ma appare nullo il coinvolgimento delle associazioni, dei movimenti, dei comitati o delle singole persone che con tanto entusiasmo e tante aspettative hanno aderito fin dalla fondazione a Sinistra Democratica: insomma, il popolo del 5 maggio.
Siamo ben consapevoli che il movimento ed il processo unitario sono in fase iniziale, ma il fatto che - in troppi territori - esso abbia avuto inizio con sostanziali esclusioni non ci sembra un buon segnale. Peraltro, in molti di questi incontri (soprattutto nelle realtà interessate dalla tornata elettorale del 2008) si comincia a parlare esplicitamente e con crescente convinzione di liste comuni fra PdCI, Rifondazione, Sinistra Democratica (con significative e freudiane dimenticanze).L'idea di presentare liste unitarie è una buona idea perché da una parte obbliga le forze politiche a ragionare in termini unitari (e non concorrenziali) sulle tematiche locali e dall'altra rende il processo unitario plasticamente visibile alla platea degli elettori e dei simpatizzanti di sinistra. Ma se la questione si fermasse qui ed il percorso unitario non si spingesse in avanti verso l'unità organizzativa si tratterebbe di pura tattica politicista che avrebbe il fiato corto. Anche al più sprovveduto degli elettori apparirebbe contraddittorio il fatto di essere chiamato a votare per rappresentanti unitari della sinistra mentre essa continua ad essere organizzativamente "separata e plurale", magari - ben che vada - con un accordo federativo che sarebbe sempre esposto a difficoltà o a valutazioni tattiche di qualche partito.
Ci pare perciò logico pensare che l'unità nella rappresentanza postuli una conseguente unità anche strutturale ed organizzativa. Processo non facile, non privo di resistenze (anche su nobili contenuti), ma coerente con la scelta di unificare la rappresentanza istituzionale. Lo stallo su una nuova seria legge elettorale e la rincorsa delle ultime settimane del referendum non aiutano.
La proposta federativa è una buona idea che consentirebbe di mettere tutti i soggetti (non solo partitici) a ragionare sulle cose, a riscoprire la categoria dei pensieri lunghi, a porre le basi per la costruzione di un progetto politico "generale e condiviso" di trasformazione della società, di porre nell'azione politica immediata alcune priorità valoriali partendo dalle cose che già oggi uniscono; ma il percorso federativo ha una sua forza intrinseca se è inteso come passaggio e se è propedeutico alla unificazione anche organizzativa della sinistra. Ergo, al partito della sinistra.
Diversamente, abbiamo l'impressione che qualcuno voglia solo prendere tempo per resistere e far "passare la nottata" o magari per preparare un progetto diverso, ad esempio l'unità dei comunisti. Cosa, quest'ultima, dignitosa e non priva di ragioni e di consenso, ma che andrebbe esplicitata in partenza con il coraggio e l'onestà intellettuale che dovrebbero contraddistinguere qualunque dirigente della sinistra.
Piercarlo Albertosi, Luigi Mannelli, Grazia Paoletti, Simona Zoccola - Associazione Luigi Longo
Sui giornali nazionali e in molte realtà locali abbiamo osservato un fenomeno che suscita preoccupazione. Si registrano infatti numerosi incontri fra dirigenti e/o personalità istituzionali di Sinistra Democratica, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Socialisti, Verdi - non sempre peraltro tutti o tutti insieme - ma appare nullo il coinvolgimento delle associazioni, dei movimenti, dei comitati o delle singole persone che con tanto entusiasmo e tante aspettative hanno aderito fin dalla fondazione a Sinistra Democratica: insomma, il popolo del 5 maggio.
Siamo ben consapevoli che il movimento ed il processo unitario sono in fase iniziale, ma il fatto che - in troppi territori - esso abbia avuto inizio con sostanziali esclusioni non ci sembra un buon segnale. Peraltro, in molti di questi incontri (soprattutto nelle realtà interessate dalla tornata elettorale del 2008) si comincia a parlare esplicitamente e con crescente convinzione di liste comuni fra PdCI, Rifondazione, Sinistra Democratica (con significative e freudiane dimenticanze).L'idea di presentare liste unitarie è una buona idea perché da una parte obbliga le forze politiche a ragionare in termini unitari (e non concorrenziali) sulle tematiche locali e dall'altra rende il processo unitario plasticamente visibile alla platea degli elettori e dei simpatizzanti di sinistra. Ma se la questione si fermasse qui ed il percorso unitario non si spingesse in avanti verso l'unità organizzativa si tratterebbe di pura tattica politicista che avrebbe il fiato corto. Anche al più sprovveduto degli elettori apparirebbe contraddittorio il fatto di essere chiamato a votare per rappresentanti unitari della sinistra mentre essa continua ad essere organizzativamente "separata e plurale", magari - ben che vada - con un accordo federativo che sarebbe sempre esposto a difficoltà o a valutazioni tattiche di qualche partito.
Ci pare perciò logico pensare che l'unità nella rappresentanza postuli una conseguente unità anche strutturale ed organizzativa. Processo non facile, non privo di resistenze (anche su nobili contenuti), ma coerente con la scelta di unificare la rappresentanza istituzionale. Lo stallo su una nuova seria legge elettorale e la rincorsa delle ultime settimane del referendum non aiutano.
La proposta federativa è una buona idea che consentirebbe di mettere tutti i soggetti (non solo partitici) a ragionare sulle cose, a riscoprire la categoria dei pensieri lunghi, a porre le basi per la costruzione di un progetto politico "generale e condiviso" di trasformazione della società, di porre nell'azione politica immediata alcune priorità valoriali partendo dalle cose che già oggi uniscono; ma il percorso federativo ha una sua forza intrinseca se è inteso come passaggio e se è propedeutico alla unificazione anche organizzativa della sinistra. Ergo, al partito della sinistra.
Diversamente, abbiamo l'impressione che qualcuno voglia solo prendere tempo per resistere e far "passare la nottata" o magari per preparare un progetto diverso, ad esempio l'unità dei comunisti. Cosa, quest'ultima, dignitosa e non priva di ragioni e di consenso, ma che andrebbe esplicitata in partenza con il coraggio e l'onestà intellettuale che dovrebbero contraddistinguere qualunque dirigente della sinistra.
Piercarlo Albertosi, Luigi Mannelli, Grazia Paoletti, Simona Zoccola - Associazione Luigi Longo
10 febbraio 2008 - NASCE IL MOVIMENTO PER "LA SINISTRA L'ARCOBALENO"
L'assemblea dei movimenti e delle associazioni per la Sinistra l'Arcobaleno, riunita a Roma il 10 febbraio 2008 al Cinema Farnese, assunto il dibattito avvenuto tra più di mille persone, che ha evidenziato la quantità e la qualità dei conflitti in corso sui territori aperti dai movimenti, dalle associazioni, dalle reti e dai comitati, compagne e compagni attivi per il processo di trasformazione e di liberazione della società:• preso atto del processo di costruzione della Sinistra nel Paese, che per il suo buon esito deve essere innervato dalla forza del movimento in tutte le sue articolazioni;
• consapevole del fatto che i movimenti non potranno trovare tutti rappresentanza all'interno delle liste elettorali, ma convinta del fatto che soltanto con un organismo di coordinamento, da nominare, si possa garantire la massima rappresentanza nelle istituzioni a tutte le realtà di base e di conflitto;
impegna il costituendo coordinamento nazionale dei movimenti
• a incontrare al più presto e comunque non oltre la fine di febbraio, le segreterie nazionali di Prc, Pdci, Verdi e Sd per la costruzione di un solo e condiviso programma elettorale e per la formazione delle liste elettorali all'interno delle quali sia prevista una quota non simbolica di candidati eleggibili nelle elezioni politiche e in quelle amministrative espressione dei movimenti e delle realtà territoriali. Tale percorso dovrà essere validato a tutti i livelli dalle assemblee dei movimenti e dovrà essere assunto coma la sola pratica politica in occasione di tutte le scadenze elettorali;
• a promuovere, su tutti i territori, assemblee dei movimenti finalizzate alla costruzione delle case della sinistra, capaci di contenere sotto un solo comune denominatore - la società diversa e più giusta per tutti - le differenze tra le persone e tra le organizzazioni di partito e di movimento.
Impegna infine il movimento e tutte le sue articolazioni ad avviare da subito il processo di adesione alla Sinistra l'Arcobaleno.
A sinistra, Associazione della sinistra lucana, Argentina Democratica, Ars Associazione Rinnovamento Sinistra, Articolo 1, Associa! Per il Socialismo del XXI secolo, Associazione Altera Generatori di Pensieri e Movimenti, Associazione Balliuè (KR), Associazione Bella Ciao, Associazione culturale Lanterna Magica, Belvedere Spinello (KR), Associazione Culturale Monte Verde Roma, Associazione Culturale Punto Rosso -Forum Mondiale delle Alternative, Associazione Luigi Longo, Associazione medica " Giulio Maccacauro " Salerno, Associazione Mobilità, Associazione Petroselli, Associazione Rossoverde - Sinistra Europea, Associazione socio culturale agorà Cava de Tirreni, BoBI - (Boicotta il Biscione), Casa della Sinistra di Bologna, Circolo culturale Socrate (KR), Comitato di Lotta per la Casa del Centro storico di Roma, Ecologisti - Uniti a Sinistra, FareSinistra di Pescara, Forum Sinistra Europea Alpe Adria, Gentedisinistra - Ferrara, Hirpinia Link(e), Il cantiere , Il Cantiere de La Sinistra l'arcobaleno di Padova, La città in comune - Ancona, La vice dei cittadini, La Casa del Popolo lacasadelpopolo.org, Laboratorio per la Sinistra di Taranto, Left, il Laboratorio per la Sinistra ad Est del Fiume Ticino, Libera Università Popolare, LiberAssociazione aderenti individuali alla Snistra Europea, Liberatorio Politico, Movimenti Rete per una Cultura Indipendente e Sostenibile, Movimento romano per la Sinistra arcobaleno, Movimento sardista, Net-Left, Network delle Comunità in movimento, Nodo Ambientalista Sinistra Europea, Nodo Glbtq, Nodo Lavoro Sicuro, Nuestra America per il Socialismo del secolo XXI, Officina Politica Pistoiese, Per la Sinistra, Pluriverso, Rete Femminista Sinistra Europea, Rete Giovani Comunisti, SEME (Sinistra Europea Movimento Ecologista), Sinistra casalese, Sinistra Ecoanimalista piemontese, Sinistra Euro Mediterranea, Sinistra Europea Mantova, Sinistra in Movimento , Sinistra romana, Sinistraunita Fano, Socialismo XXI - Forum Sinistra Europea, Socialismo XXI Genova, Transform!Italia, Unaltralombardia, Unione a sinistra liguria, Uniti a Sinistra, Zona Deprecarizzata
• consapevole del fatto che i movimenti non potranno trovare tutti rappresentanza all'interno delle liste elettorali, ma convinta del fatto che soltanto con un organismo di coordinamento, da nominare, si possa garantire la massima rappresentanza nelle istituzioni a tutte le realtà di base e di conflitto;
impegna il costituendo coordinamento nazionale dei movimenti
• a incontrare al più presto e comunque non oltre la fine di febbraio, le segreterie nazionali di Prc, Pdci, Verdi e Sd per la costruzione di un solo e condiviso programma elettorale e per la formazione delle liste elettorali all'interno delle quali sia prevista una quota non simbolica di candidati eleggibili nelle elezioni politiche e in quelle amministrative espressione dei movimenti e delle realtà territoriali. Tale percorso dovrà essere validato a tutti i livelli dalle assemblee dei movimenti e dovrà essere assunto coma la sola pratica politica in occasione di tutte le scadenze elettorali;
• a promuovere, su tutti i territori, assemblee dei movimenti finalizzate alla costruzione delle case della sinistra, capaci di contenere sotto un solo comune denominatore - la società diversa e più giusta per tutti - le differenze tra le persone e tra le organizzazioni di partito e di movimento.
Impegna infine il movimento e tutte le sue articolazioni ad avviare da subito il processo di adesione alla Sinistra l'Arcobaleno.
A sinistra, Associazione della sinistra lucana, Argentina Democratica, Ars Associazione Rinnovamento Sinistra, Articolo 1, Associa! Per il Socialismo del XXI secolo, Associazione Altera Generatori di Pensieri e Movimenti, Associazione Balliuè (KR), Associazione Bella Ciao, Associazione culturale Lanterna Magica, Belvedere Spinello (KR), Associazione Culturale Monte Verde Roma, Associazione Culturale Punto Rosso -Forum Mondiale delle Alternative, Associazione Luigi Longo, Associazione medica " Giulio Maccacauro " Salerno, Associazione Mobilità, Associazione Petroselli, Associazione Rossoverde - Sinistra Europea, Associazione socio culturale agorà Cava de Tirreni, BoBI - (Boicotta il Biscione), Casa della Sinistra di Bologna, Circolo culturale Socrate (KR), Comitato di Lotta per la Casa del Centro storico di Roma, Ecologisti - Uniti a Sinistra, FareSinistra di Pescara, Forum Sinistra Europea Alpe Adria, Gentedisinistra - Ferrara, Hirpinia Link(e), Il cantiere , Il Cantiere de La Sinistra l'arcobaleno di Padova, La città in comune - Ancona, La vice dei cittadini, La Casa del Popolo lacasadelpopolo.org, Laboratorio per la Sinistra di Taranto, Left, il Laboratorio per la Sinistra ad Est del Fiume Ticino, Libera Università Popolare, LiberAssociazione aderenti individuali alla Snistra Europea, Liberatorio Politico, Movimenti Rete per una Cultura Indipendente e Sostenibile, Movimento romano per la Sinistra arcobaleno, Movimento sardista, Net-Left, Network delle Comunità in movimento, Nodo Ambientalista Sinistra Europea, Nodo Glbtq, Nodo Lavoro Sicuro, Nuestra America per il Socialismo del secolo XXI, Officina Politica Pistoiese, Per la Sinistra, Pluriverso, Rete Femminista Sinistra Europea, Rete Giovani Comunisti, SEME (Sinistra Europea Movimento Ecologista), Sinistra casalese, Sinistra Ecoanimalista piemontese, Sinistra Euro Mediterranea, Sinistra Europea Mantova, Sinistra in Movimento , Sinistra romana, Sinistraunita Fano, Socialismo XXI - Forum Sinistra Europea, Socialismo XXI Genova, Transform!Italia, Unaltralombardia, Unione a sinistra liguria, Uniti a Sinistra, Zona Deprecarizzata
giovedì 3 aprile 2008
Sinistra; ricostruiamo una teoria economica
14 settembre 2007
Stanchi delle discussioni sul contenitore (ma spero che il nome almeno sia chiaramente definito: SINISTRA) dovremmo avere un orizzonte con un'ottica più lunga ed ambiziosa: costruire un programma economico della sinistra, o almeno alcuni spezzoni di esso attraverso nostre proposte. E inoltre ricostruire una teoria che lo supporti, senza buttare alle ortiche il nostro patrimonio teorico e culturale esistente in questo campo, come ha pensato di fare qualcuno in nome del mercato e del capitalismo trionfante o della fine della storia, ma invece ripensandolo ed aggiornandolo, insomma dando una ripulita e rilucidata alla "cassetta degli attrezzi".Anche perché, come si vede dagli attuali eventi relativi ai prestiti subprime, alle banche, alle borse e annessi e connessi, il capitalismo non è poi mica tanto trionfante, e non è la fine della storia. Citando Hobsbawm: "Il vecchio secolo è finito in un disordine mondiale di natura poco chiara e senza che ci sia un meccanismo ovvio per porvi fine o per tenerlo sotto controllo"...... "Viviamo in un mondo catturato, sradicato e trasformato dal titanico processo tecnico-scientifico dello sviluppo del capitalismo, che ha dominato i due o tre secoli passati. Sappiamo, o per lo meno è ragionevole supporre, che tale sviluppo non può proseguire all'infinito...." "Marx aveva ragione. Il capitalismo avrebbe finito col segare almeno uno dei rami su cui sedeva......" "Il mondo rischia sia l'esplosione che l'implosione. Il mondo deve cambiare.... il prezzo del fallimento, vale a dire l'alternativa a una società mutata, è il buio". Vi sono tante idee da recuperare, dalle categorie alla base della distribuzione del reddito della scuola classica (profitti, rendite, salari), alla teoria dello sfruttamento di Karl Marx, fino ai marxisti del XX secolo con Rosa Luxemburg, Lenin e altri, poi l'innovazione di Schumpeter ed infine Keynes con il ruolo della domanda, quindi del consumo per generare investimenti e reddito. E' importante riaffermare questi capisaldi teorici perché oggi nelle politiche economiche prevale di gran lunga la teoria della scuola di Chicago, il monetarismo e l'economia dalla parte dell'offerta, cioè gli incentivi e le agevolazioni alle imprese che dovrebbero generare lo sviluppo. Ebbene, questo in parte potrebbe funzionare solo se i profitti fossero sempre e tutti destinati agli investimenti, senza peraltro dimenticare con Keynes che se la domanda non "tira" gli investimenti non si fanno, e la domanda si incentiva a partire dai redditi più bassi che presentano una propensione al consumo molto elevata. Ma... c'è un ma grosso come una casa: oggi a prevalere sono gli investimenti finanziari o immobiliari, non quelli in beni capitale delle imprese. A conferma, una recentissima indagine della Associazione Artigiani e Piccole Imprese (CGIA) di Mestre: le grandi imprese fra il 2000 ed il 2006 hanno investito negli immobili (diversi da abitazioni di famiglie consumatrici) anziché in macchinari: gli acquisti dei primi sono aumentati del +88,1% mentre i secondi sono addirittura scesi del -7,2%, mentre nello stesso periodo l'inflazione è aumentata del +15,1%. Nel solo 2006 gli investimenti nel settore delle costruzioni sono stati quasi il triplo di quelli in macchinari ed attrezzature varie: 218,9 miliardi di euro a fronte di 79,6 miliardi di euro. (I dati registrano i finanziamenti richiesti dalle grandi aziende alle banche secondo la destinazione economica dell'investimento.). Si è dunque privilegiato l'investimento esterno di natura speculativa piuttosto che quello interno ai cicli produttivi dell'azienda per innovare, migliorare la competitività (di cui nei convegni ci si riempie tanto la bocca!) e divenire più concorrenziali sui mercati internazionali. La CGIA di Mestre sottolinea che l'investimento in immobili degli ultimi 5 anni è stato fortemente agevolato dalla cosiddetta Tremonti bis.Paradossalmente il capitalismo di oggi viene messo in crisi da strumenti del liberalismo classico come concorrenza, lotta alle rendite.Dunque per la sinistra c'è molto da recuperare in termini di teoria economica e di economia politica, per dare oggi un serio fondamento alle proposte di politica economica che necessariamente, ed ambiziosamente, deve formulare come elementi per il governo del paese. Proviamo ad elencare alcuni punti di tali proposte.-Riprendere distribuzione del reddito e teoria dello sfruttamento.Quindi questione salariale e anche controllo del processo lavorativo e delle condizioni di lavoro (ricordiamo in proposito le lotte degli anni '70)- questione sicurezza sul lavoro, e ovviamente precarietà e lavoro nero. Al contrario oggi con la detassazione degli straordinari proposta dal governo si toglie al sindacato il controllo del processo produttivo e se ne riduce il potere contrattuale.-Favorire la creazione di ricchezza con investimenti in innovazione e diconseguenza lavoro, destinando i profitti agli investimenti invece che arendite finanziarie e speculative.A tale proposito si può riprendere una idea sulla quale a sinistra si lavorò a fine anni 70:la detassazione dei profitti reinvestiti all'interno della azienda in beni strumentali (non in auto aziendali di lusso per idirigenti).-La tassazione delle rendite finanziarie così controversa oggi vaassolutamente sostenuta.-Tutti gli interventi di agevolazioni a pioggia non vanno bene, devonoessere condizionati a comportamenti virtuosi. E' lo stesso segretario della CGIA di Mestre Bertolussi che commenta negativamente la riduzione del cuneo fiscale: "il governo non avrebbe dovuto premiare indistintamente tutte le imprese; si sarebbe dovuto tener presente chi ha diversificato i propri investimenti in settori maturi per fare solo ed esclusivamente profitti e chi invece ha ri-immesso tutto nella propria azienda per renderla più virtuosa e più concorrenziale con l'obbiettivo di aumentare l'occupazione." Penso che la Sinistra, con i partiti, i movimenti, le associazioni, il popolo del 5 maggio, dovrebbe fare tutta insieme uno sforzo in direzione dell'unità, e che dovremmo subito iniziare a lavorare su un programma. Io parlo di quello che è il mio mestiere, l'economia e la politica economica, ma all'interno della sinistra vi è una miriade di conoscenze che deve essere attivata, anche al di fuori delle gerarchie precostituite. Il processo è faticoso, ed ambizioso, ma è vitale. L'Associazione Luigi Longo è disponibile con i suoi componenti a collaborare in tale impegno.
Grazia Paoletti - Associazione Luigi Longo
Stanchi delle discussioni sul contenitore (ma spero che il nome almeno sia chiaramente definito: SINISTRA) dovremmo avere un orizzonte con un'ottica più lunga ed ambiziosa: costruire un programma economico della sinistra, o almeno alcuni spezzoni di esso attraverso nostre proposte. E inoltre ricostruire una teoria che lo supporti, senza buttare alle ortiche il nostro patrimonio teorico e culturale esistente in questo campo, come ha pensato di fare qualcuno in nome del mercato e del capitalismo trionfante o della fine della storia, ma invece ripensandolo ed aggiornandolo, insomma dando una ripulita e rilucidata alla "cassetta degli attrezzi".Anche perché, come si vede dagli attuali eventi relativi ai prestiti subprime, alle banche, alle borse e annessi e connessi, il capitalismo non è poi mica tanto trionfante, e non è la fine della storia. Citando Hobsbawm: "Il vecchio secolo è finito in un disordine mondiale di natura poco chiara e senza che ci sia un meccanismo ovvio per porvi fine o per tenerlo sotto controllo"...... "Viviamo in un mondo catturato, sradicato e trasformato dal titanico processo tecnico-scientifico dello sviluppo del capitalismo, che ha dominato i due o tre secoli passati. Sappiamo, o per lo meno è ragionevole supporre, che tale sviluppo non può proseguire all'infinito...." "Marx aveva ragione. Il capitalismo avrebbe finito col segare almeno uno dei rami su cui sedeva......" "Il mondo rischia sia l'esplosione che l'implosione. Il mondo deve cambiare.... il prezzo del fallimento, vale a dire l'alternativa a una società mutata, è il buio". Vi sono tante idee da recuperare, dalle categorie alla base della distribuzione del reddito della scuola classica (profitti, rendite, salari), alla teoria dello sfruttamento di Karl Marx, fino ai marxisti del XX secolo con Rosa Luxemburg, Lenin e altri, poi l'innovazione di Schumpeter ed infine Keynes con il ruolo della domanda, quindi del consumo per generare investimenti e reddito. E' importante riaffermare questi capisaldi teorici perché oggi nelle politiche economiche prevale di gran lunga la teoria della scuola di Chicago, il monetarismo e l'economia dalla parte dell'offerta, cioè gli incentivi e le agevolazioni alle imprese che dovrebbero generare lo sviluppo. Ebbene, questo in parte potrebbe funzionare solo se i profitti fossero sempre e tutti destinati agli investimenti, senza peraltro dimenticare con Keynes che se la domanda non "tira" gli investimenti non si fanno, e la domanda si incentiva a partire dai redditi più bassi che presentano una propensione al consumo molto elevata. Ma... c'è un ma grosso come una casa: oggi a prevalere sono gli investimenti finanziari o immobiliari, non quelli in beni capitale delle imprese. A conferma, una recentissima indagine della Associazione Artigiani e Piccole Imprese (CGIA) di Mestre: le grandi imprese fra il 2000 ed il 2006 hanno investito negli immobili (diversi da abitazioni di famiglie consumatrici) anziché in macchinari: gli acquisti dei primi sono aumentati del +88,1% mentre i secondi sono addirittura scesi del -7,2%, mentre nello stesso periodo l'inflazione è aumentata del +15,1%. Nel solo 2006 gli investimenti nel settore delle costruzioni sono stati quasi il triplo di quelli in macchinari ed attrezzature varie: 218,9 miliardi di euro a fronte di 79,6 miliardi di euro. (I dati registrano i finanziamenti richiesti dalle grandi aziende alle banche secondo la destinazione economica dell'investimento.). Si è dunque privilegiato l'investimento esterno di natura speculativa piuttosto che quello interno ai cicli produttivi dell'azienda per innovare, migliorare la competitività (di cui nei convegni ci si riempie tanto la bocca!) e divenire più concorrenziali sui mercati internazionali. La CGIA di Mestre sottolinea che l'investimento in immobili degli ultimi 5 anni è stato fortemente agevolato dalla cosiddetta Tremonti bis.Paradossalmente il capitalismo di oggi viene messo in crisi da strumenti del liberalismo classico come concorrenza, lotta alle rendite.Dunque per la sinistra c'è molto da recuperare in termini di teoria economica e di economia politica, per dare oggi un serio fondamento alle proposte di politica economica che necessariamente, ed ambiziosamente, deve formulare come elementi per il governo del paese. Proviamo ad elencare alcuni punti di tali proposte.-Riprendere distribuzione del reddito e teoria dello sfruttamento.Quindi questione salariale e anche controllo del processo lavorativo e delle condizioni di lavoro (ricordiamo in proposito le lotte degli anni '70)- questione sicurezza sul lavoro, e ovviamente precarietà e lavoro nero. Al contrario oggi con la detassazione degli straordinari proposta dal governo si toglie al sindacato il controllo del processo produttivo e se ne riduce il potere contrattuale.-Favorire la creazione di ricchezza con investimenti in innovazione e diconseguenza lavoro, destinando i profitti agli investimenti invece che arendite finanziarie e speculative.A tale proposito si può riprendere una idea sulla quale a sinistra si lavorò a fine anni 70:la detassazione dei profitti reinvestiti all'interno della azienda in beni strumentali (non in auto aziendali di lusso per idirigenti).-La tassazione delle rendite finanziarie così controversa oggi vaassolutamente sostenuta.-Tutti gli interventi di agevolazioni a pioggia non vanno bene, devonoessere condizionati a comportamenti virtuosi. E' lo stesso segretario della CGIA di Mestre Bertolussi che commenta negativamente la riduzione del cuneo fiscale: "il governo non avrebbe dovuto premiare indistintamente tutte le imprese; si sarebbe dovuto tener presente chi ha diversificato i propri investimenti in settori maturi per fare solo ed esclusivamente profitti e chi invece ha ri-immesso tutto nella propria azienda per renderla più virtuosa e più concorrenziale con l'obbiettivo di aumentare l'occupazione." Penso che la Sinistra, con i partiti, i movimenti, le associazioni, il popolo del 5 maggio, dovrebbe fare tutta insieme uno sforzo in direzione dell'unità, e che dovremmo subito iniziare a lavorare su un programma. Io parlo di quello che è il mio mestiere, l'economia e la politica economica, ma all'interno della sinistra vi è una miriade di conoscenze che deve essere attivata, anche al di fuori delle gerarchie precostituite. Il processo è faticoso, ed ambizioso, ma è vitale. L'Associazione Luigi Longo è disponibile con i suoi componenti a collaborare in tale impegno.
Grazia Paoletti - Associazione Luigi Longo
Generazione Svalutata
01 aprile 2008
Economia In 5 anni le retribuzioni dei figli (under 30) in termini relativi hanno perso 6 punti percentuali rispetto alle paghe dei padri e dei loro colleghi di età 51-60. La società, e sopratutto le imprese, dovrebbero pensare ad un miglior utilizzo dei giovani come risorse. Ma oggi, come in altri tempi, impera lo sfruttamento. Solo che allora c'era chi vi costruì sopra teoria e conoscenza come strumento di lotta. Oggi no
La repubblica.it di oggi 1 aprile (purtroppo non è un pesce d'aprile ma una cruda realtà) da conto del 9° Rapporto sulle retribuzioni in Italia realizzato da OD&M, società di consulenza e indagini nel settore. Esso mostra come in 5 anni le retribuzioni dei figli (under 30) in termini relativi abbiano perso 6 punti percentuali rispetto alle paghe dei padri e dei loro colleghi di età 51-60.
Si sono presi in esame oltre 1 milione e mezzo di profili retributivi di impiegati, osservando le differenze fra il 2007 ed il 2003, anno preso come base, nel quale il salario percepito dai lavoratori sotto i 30 ammontava all'82,9% dei colleghi di 41-50 anni e all'80,9% di quelli tra 51 e 60. Invece nel 2007 la quota spettante ai giovani di 24-30 anni è scesa al 77,1% rispetto all'età di mezzo ed al 73,8% dei più anziani, diminuendo di più di un punto l'anno.Infatti da una retribuzione lorda annua di 20.252 i giovani impiegati sono passati nel quinquennio a 22.121, quelli di mezza età da 24.415 a 28.684, i più anziani da 25.032 a 29.976, con un netto e continuo impoverimento dei 24-30enni rispetto ai loro colleghi maggiori di età, su paghe peraltro già complessivamente esigue.Confrontando le categorie, gli impiegati nel complesso perdono terreno rispetto ai dirigenti ed ai quadri: questi ultimi nell'ultimo anno hanno registrato i maggiori incrementi nelle retribuzioni lorde, soprattutto gli ultra sessantenni.
Dunque in un paese che non cresce ma resta stazionario, nel quale invece i prezzi aumentano progressivamente (per non parlare degli utili delle maggiori imprese che meriterebbero considerazioni a parte), i lavoratori perdono potere d'acquisto e, fra loro, i giovani in misura maggiore. Il presidente della OD&M Vavassori prevede che non solo non vi sarà recupero a breve delle disparità, ma anzi la differenza tende a consolidarsi. Il recupero semmai può avvenire dopo i 30 anni.Da una intervista dello stesso presidente emerge che il divario delle retribuzioni fra generazioni dipende dalla logica delle imprese, per cui il lavoratore all'inizio va pagato meno perché ha bisogno di qualificazione: cioè viene ricaricato sui giovani l'onere della formazione professionale.
Al contrario, secondo noi, questo dovrebbe essere a carico dello Stato (in attuazione del diritto costituzionale alla formazione ed istruzione), e dell'impresa stessa per le ulteriori caratteristiche specifiche richieste, come peraltro avveniva quando si attuavano politiche del lavoro che vedevano nelle imprese l'utilizzo di lavoratori più esperti per affiancare quelli all'inizio dell'impiego come tutor, addestratori dei più giovani colleghi.
Poi ovviamente la legge di mercato della domanda e dell'offerta fa la sua parte: infatti negli ultimi 5 anni l'offerta di lavoratori di 25-30 anni è aumentata, per cui le retribuzioni si sono abbassate; e ciò in misura maggiore per i laureati. Per i diplomati va meglio perché "sono operativi in tempi più brevi".Inoltre non è secondario secondo il prof. Vavassori il ruolo degli intermediari: se le agenzie per il lavoro operano soprattutto sulla quantità (avete presente l'ultimo film di Ken Loach?) le differenze si possono accentuare. Una intermediazione di qualità potrebbe invece aiutare un riavvicinamento retributivo. In questi anni si è usata la legge 30 con troppa disinvoltura, come nei call center (posso citare l'ultimo film di Virzì?).Tutto questo paradossalmente avviene in un periodo nel quale è maggiormente rilevante il bisogno di risorse economiche in particolare per i giovani lavoratori, per i precari, per permettere loro di costruirsi una vita "normale", sicura, di fare progetti per il futuro, di mettere sù una famiglia, incentivando la natalità del paese, oggi vecchio e stanco. Lo svecchiamento della società italiana avrebbe notevoli ricadute positive sull'economia del paese nel periodo medio, sarebbe dunque un buon investimento per il benessere futuro, mentre l'atteggiamento opposto crea danni anche a lungo termine.
In conclusione la società, e sopratutto le imprese, dovrebbero pensare ad un miglior utilizzo dei giovani come risorse. Ma oggi, come in altri tempi, impera lo sfruttamento. Solo che allora c'era chi vi costruì sopra teoria e conoscenza come strumento di lotta. Oggi no.
Grazia Paoletti - associazione Luigi Longo
Economia In 5 anni le retribuzioni dei figli (under 30) in termini relativi hanno perso 6 punti percentuali rispetto alle paghe dei padri e dei loro colleghi di età 51-60. La società, e sopratutto le imprese, dovrebbero pensare ad un miglior utilizzo dei giovani come risorse. Ma oggi, come in altri tempi, impera lo sfruttamento. Solo che allora c'era chi vi costruì sopra teoria e conoscenza come strumento di lotta. Oggi no
La repubblica.it di oggi 1 aprile (purtroppo non è un pesce d'aprile ma una cruda realtà) da conto del 9° Rapporto sulle retribuzioni in Italia realizzato da OD&M, società di consulenza e indagini nel settore. Esso mostra come in 5 anni le retribuzioni dei figli (under 30) in termini relativi abbiano perso 6 punti percentuali rispetto alle paghe dei padri e dei loro colleghi di età 51-60.
Si sono presi in esame oltre 1 milione e mezzo di profili retributivi di impiegati, osservando le differenze fra il 2007 ed il 2003, anno preso come base, nel quale il salario percepito dai lavoratori sotto i 30 ammontava all'82,9% dei colleghi di 41-50 anni e all'80,9% di quelli tra 51 e 60. Invece nel 2007 la quota spettante ai giovani di 24-30 anni è scesa al 77,1% rispetto all'età di mezzo ed al 73,8% dei più anziani, diminuendo di più di un punto l'anno.Infatti da una retribuzione lorda annua di 20.252 i giovani impiegati sono passati nel quinquennio a 22.121, quelli di mezza età da 24.415 a 28.684, i più anziani da 25.032 a 29.976, con un netto e continuo impoverimento dei 24-30enni rispetto ai loro colleghi maggiori di età, su paghe peraltro già complessivamente esigue.Confrontando le categorie, gli impiegati nel complesso perdono terreno rispetto ai dirigenti ed ai quadri: questi ultimi nell'ultimo anno hanno registrato i maggiori incrementi nelle retribuzioni lorde, soprattutto gli ultra sessantenni.
Dunque in un paese che non cresce ma resta stazionario, nel quale invece i prezzi aumentano progressivamente (per non parlare degli utili delle maggiori imprese che meriterebbero considerazioni a parte), i lavoratori perdono potere d'acquisto e, fra loro, i giovani in misura maggiore. Il presidente della OD&M Vavassori prevede che non solo non vi sarà recupero a breve delle disparità, ma anzi la differenza tende a consolidarsi. Il recupero semmai può avvenire dopo i 30 anni.Da una intervista dello stesso presidente emerge che il divario delle retribuzioni fra generazioni dipende dalla logica delle imprese, per cui il lavoratore all'inizio va pagato meno perché ha bisogno di qualificazione: cioè viene ricaricato sui giovani l'onere della formazione professionale.
Al contrario, secondo noi, questo dovrebbe essere a carico dello Stato (in attuazione del diritto costituzionale alla formazione ed istruzione), e dell'impresa stessa per le ulteriori caratteristiche specifiche richieste, come peraltro avveniva quando si attuavano politiche del lavoro che vedevano nelle imprese l'utilizzo di lavoratori più esperti per affiancare quelli all'inizio dell'impiego come tutor, addestratori dei più giovani colleghi.
Poi ovviamente la legge di mercato della domanda e dell'offerta fa la sua parte: infatti negli ultimi 5 anni l'offerta di lavoratori di 25-30 anni è aumentata, per cui le retribuzioni si sono abbassate; e ciò in misura maggiore per i laureati. Per i diplomati va meglio perché "sono operativi in tempi più brevi".Inoltre non è secondario secondo il prof. Vavassori il ruolo degli intermediari: se le agenzie per il lavoro operano soprattutto sulla quantità (avete presente l'ultimo film di Ken Loach?) le differenze si possono accentuare. Una intermediazione di qualità potrebbe invece aiutare un riavvicinamento retributivo. In questi anni si è usata la legge 30 con troppa disinvoltura, come nei call center (posso citare l'ultimo film di Virzì?).Tutto questo paradossalmente avviene in un periodo nel quale è maggiormente rilevante il bisogno di risorse economiche in particolare per i giovani lavoratori, per i precari, per permettere loro di costruirsi una vita "normale", sicura, di fare progetti per il futuro, di mettere sù una famiglia, incentivando la natalità del paese, oggi vecchio e stanco. Lo svecchiamento della società italiana avrebbe notevoli ricadute positive sull'economia del paese nel periodo medio, sarebbe dunque un buon investimento per il benessere futuro, mentre l'atteggiamento opposto crea danni anche a lungo termine.
In conclusione la società, e sopratutto le imprese, dovrebbero pensare ad un miglior utilizzo dei giovani come risorse. Ma oggi, come in altri tempi, impera lo sfruttamento. Solo che allora c'era chi vi costruì sopra teoria e conoscenza come strumento di lotta. Oggi no.
Grazia Paoletti - associazione Luigi Longo
Lavori usuranti, l'errore del governo
4 dicembre 2007
La Commissione Lavoro della Camera aveva introdotto nel DDL Welfare l'eliminazione del tetto delle 80 notti necessario per definire usurante una occupazione. La modifica è stata poi cancellata nel testo sottoposto al voto di fiducia e poi approvato. Un errore che allo Stato finirà per costare anche in termini economiciUna delle modifiche migliorative che la Commissione Lavoro della Camera aveva introdotto nel DDL Welfare e che sono poi state cancellate nel testo sottoposto al voto di fiducia è l'eliminazione del tetto delle 80 notti necessario per definire usurante l'occupazione svolta dai lavoratori in turni notturni. La vicenda segna un brutto colpo per quanti ritengono possibile un rapporto dialettico e costruttivo tra coloro che sostengono il primato del diritto alla salute e a condizioni di vita e di lavoro più umane e quanti, invece, continuano a ritenere che tutto debba sottostare alla logica del mercato e del capitale. Coloro che si sono adoperati (in modo attivo o anche solo per ignavia) per bloccare una operazione di semplice buonsenso hanno dimostrato di non saper vedere al di là del proprio naso poiché, alla fine del gioco, i costi sociali ed economici per lo Stato saranno molto più alti al momento in cui esso dovrà intervenire per i danni alla salute che la condizione di turnista di notte inevitabilmente produce anche nel fisico più giovane e più robusto.I risultati di specifici studi scientifici hanno evidenziato un'alta prevalenza di ipertensione arteriosa in soggetti che svolgono lavoro a turni diurni e notturni e contemporaneamente una bassa frequenza di ipertensione arteriosa in soggetti con attività esclusivamente diurne. Gli stessi studi hanno messo in evidenza l'incremento di patologie cardiovascolari tra i lavoratori notturni individuando una stretta associazione tra lavoro a turni e malattie cardiovascolari.La stessa Direttiva Europea 93/104 riconosce che l'organismo umano è più vulnerabile di notte nei riguardi di alterazioni ambientali e che certe forme stressanti di organizzazione del lavoro e lunghi periodi di lavoro notturno possono essere deleteri per la salute.La decisione del Parlamento italiano si colloca ben al di fuori della citata Direttiva europea della quale è utile richiamare alcuni altri aspetti inerenti sempre il lavoro notturno.Ai sensi di quella Direttiva si intende:per "periodo notturno", qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l'intervallo tra le ore 24 e le ore 5;per "lavoratore notturno", qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegato in modo normale; e qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dallo Stato membro interessato.Tale direttiva norma anche fra le altre cose la valutazione della salute dei lavoratori notturni e le garanzie per il lavoro in periodo notturno.Secondo la Circolare 13/2000 del Ministero del Lavoro:...è da considerarsi come "notturno" il lavoro che non sia inferiore alle sette ore consecutive all'interno delle quali vi deve essere contenuta la fascia oraria tra le 24 e le 5 del mattino.Più semplicemente è considerato lavoro notturno quello prestato:dalle ore 22 alle ore 5;dalle ore 23 alle ore 6;dalle ore 24 alle ore 7.... è considerato lavoratore notturno chiunque svolga, in via non eccezionale, "una parte" del suo normale orario di lavoro durante il periodo notturno come sopra indicato.Il lavoro notturno ed i lavoratori notturni... entrano nelle procedure di tutela disciplinate dal D.lgs 19 settembre 1994 n 626 e successive variazioni.Infatti nei confronti dei suddetti "lavoratori notturni", il datore di lavoro deve provvedere,tramite il medico competente:alle visite mediche preventive ...alle visite mediche periodiche, almeno ogni due anni, per accertare il loro stato di salute;alle visite mediche in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno...Per calcolare il numero teorico di turni notturni vi sono diversi sistemi a seconda delle modalità di scorrimento dei turni (3-1= 3 mattine, 1 riposo, 3 pomeriggi, 1 riposo, 3 notti, 1 riposo; il sistema a scorrimento decrescente = 1 pomeriggio, 1 mattino, 1 notte, 1 riposo; ed altri sistemi).A seconda del sistema varia (anche se di poco) il numero annuo dei turni. E' chiaro, ad esempio, che se si concentrano le ore lavorative in turni che sono di 9-10 ore, anziché le canoniche 8, il riposo non sarà di 24 ore bensì più lungo. Questo sistema è in uso il moltissime amministrazioni pubbliche (esempio gli ospedali) perché consente il raggiungimento delle 36 ore settimanali contrattuali ed una maggiore soddisfazione del personale dipendente che può usufruire di un riposo più lungo, a parità di n° di turni coperti (eventuali). L'altro sistema (3-1)è sempre più abbandonato perché prevede una concentrazione alta di turni notturni consecutivi. Ma vi sono situazioni in cui il n° di notti consecutive è ancora più alto (fino a 10). Così come esistono situazioni nelle quali il turno notturno è anche di 12 ore (è il caso delle Guardie Attive ospedaliere).Basta un semplice calcoletto aritmetico per dimostrare l'iniquità della proposta sui lavori usuranti per quanto riguarda il tetto minimo di turni notturni.Valutando il sistema più semplice e comprensibile, utilizzando i riferimenti contrattuali della Pubblica amministrazione, risulta:365 gg/anno - 36 ferie - 4 festività soppresse = 325 gg325/4 = 81 turni (81 mattine, 81 pomeriggi, 81 notti, 81 riposi) con il resto di 1.Balza agli occhi che, per poter rientrare nella categoria dei lavori usuranti così come è stata votata alla Camera (un tetto minimo di 80 turni notturni), il lavoratore potrà ammalarsi (o prendere un permesso o far fronte ad una emergenza) solo 5 giorni in un anno (una sindrome influenzale è già troppa), poiché se scende sotto la soglia dei 320 giorni complessivi, non può raggiungere gli 80 turni notturni. A meno che non decida di ammalarsi a incastro (solo quando è in turno pomeridiano o mattutino)!La proposta governativa contiene una involontaria dose di ironia laddove, ripristinando la base minima degli 80 turni annui, si pone a sostegno della tesi che coloro che superano gli 80 turni notturni/anno devono godere di una salute ferrea; ergo, almeno per loro, non è vero che le notti siano usuranti; ma nello stesso tempo questi lavoratori "robusti e fortunati" sono "premiati" con la possibilità di anticipare il pensionamento.Invece, i lavoratori "più fragili" che per qualche ragione di salute non riescono a raggiungere il tetto delle 80 notti perdono il diritto ad andare in pensione anticipatamente.Siamo al festival del grottesco e del contraddittorio.Stabilire una base minima di 60-65 turni/annui dimostrerebbe che i lavoratori vengono (ancora) considerati, almeno dai legislatori se non dai datori di lavoro, come persone e non solo risorse-fattori produttivi. Invece ancora nel terzo millennio il lavoro come merce non è scomparso.
Piercarlo Albertosi e Grazia Paoletti - Associazione Luigi Longo
La Commissione Lavoro della Camera aveva introdotto nel DDL Welfare l'eliminazione del tetto delle 80 notti necessario per definire usurante una occupazione. La modifica è stata poi cancellata nel testo sottoposto al voto di fiducia e poi approvato. Un errore che allo Stato finirà per costare anche in termini economiciUna delle modifiche migliorative che la Commissione Lavoro della Camera aveva introdotto nel DDL Welfare e che sono poi state cancellate nel testo sottoposto al voto di fiducia è l'eliminazione del tetto delle 80 notti necessario per definire usurante l'occupazione svolta dai lavoratori in turni notturni. La vicenda segna un brutto colpo per quanti ritengono possibile un rapporto dialettico e costruttivo tra coloro che sostengono il primato del diritto alla salute e a condizioni di vita e di lavoro più umane e quanti, invece, continuano a ritenere che tutto debba sottostare alla logica del mercato e del capitale. Coloro che si sono adoperati (in modo attivo o anche solo per ignavia) per bloccare una operazione di semplice buonsenso hanno dimostrato di non saper vedere al di là del proprio naso poiché, alla fine del gioco, i costi sociali ed economici per lo Stato saranno molto più alti al momento in cui esso dovrà intervenire per i danni alla salute che la condizione di turnista di notte inevitabilmente produce anche nel fisico più giovane e più robusto.I risultati di specifici studi scientifici hanno evidenziato un'alta prevalenza di ipertensione arteriosa in soggetti che svolgono lavoro a turni diurni e notturni e contemporaneamente una bassa frequenza di ipertensione arteriosa in soggetti con attività esclusivamente diurne. Gli stessi studi hanno messo in evidenza l'incremento di patologie cardiovascolari tra i lavoratori notturni individuando una stretta associazione tra lavoro a turni e malattie cardiovascolari.La stessa Direttiva Europea 93/104 riconosce che l'organismo umano è più vulnerabile di notte nei riguardi di alterazioni ambientali e che certe forme stressanti di organizzazione del lavoro e lunghi periodi di lavoro notturno possono essere deleteri per la salute.La decisione del Parlamento italiano si colloca ben al di fuori della citata Direttiva europea della quale è utile richiamare alcuni altri aspetti inerenti sempre il lavoro notturno.Ai sensi di quella Direttiva si intende:per "periodo notturno", qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l'intervallo tra le ore 24 e le ore 5;per "lavoratore notturno", qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegato in modo normale; e qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dallo Stato membro interessato.Tale direttiva norma anche fra le altre cose la valutazione della salute dei lavoratori notturni e le garanzie per il lavoro in periodo notturno.Secondo la Circolare 13/2000 del Ministero del Lavoro:...è da considerarsi come "notturno" il lavoro che non sia inferiore alle sette ore consecutive all'interno delle quali vi deve essere contenuta la fascia oraria tra le 24 e le 5 del mattino.Più semplicemente è considerato lavoro notturno quello prestato:dalle ore 22 alle ore 5;dalle ore 23 alle ore 6;dalle ore 24 alle ore 7.... è considerato lavoratore notturno chiunque svolga, in via non eccezionale, "una parte" del suo normale orario di lavoro durante il periodo notturno come sopra indicato.Il lavoro notturno ed i lavoratori notturni... entrano nelle procedure di tutela disciplinate dal D.lgs 19 settembre 1994 n 626 e successive variazioni.Infatti nei confronti dei suddetti "lavoratori notturni", il datore di lavoro deve provvedere,tramite il medico competente:alle visite mediche preventive ...alle visite mediche periodiche, almeno ogni due anni, per accertare il loro stato di salute;alle visite mediche in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno...Per calcolare il numero teorico di turni notturni vi sono diversi sistemi a seconda delle modalità di scorrimento dei turni (3-1= 3 mattine, 1 riposo, 3 pomeriggi, 1 riposo, 3 notti, 1 riposo; il sistema a scorrimento decrescente = 1 pomeriggio, 1 mattino, 1 notte, 1 riposo; ed altri sistemi).A seconda del sistema varia (anche se di poco) il numero annuo dei turni. E' chiaro, ad esempio, che se si concentrano le ore lavorative in turni che sono di 9-10 ore, anziché le canoniche 8, il riposo non sarà di 24 ore bensì più lungo. Questo sistema è in uso il moltissime amministrazioni pubbliche (esempio gli ospedali) perché consente il raggiungimento delle 36 ore settimanali contrattuali ed una maggiore soddisfazione del personale dipendente che può usufruire di un riposo più lungo, a parità di n° di turni coperti (eventuali). L'altro sistema (3-1)è sempre più abbandonato perché prevede una concentrazione alta di turni notturni consecutivi. Ma vi sono situazioni in cui il n° di notti consecutive è ancora più alto (fino a 10). Così come esistono situazioni nelle quali il turno notturno è anche di 12 ore (è il caso delle Guardie Attive ospedaliere).Basta un semplice calcoletto aritmetico per dimostrare l'iniquità della proposta sui lavori usuranti per quanto riguarda il tetto minimo di turni notturni.Valutando il sistema più semplice e comprensibile, utilizzando i riferimenti contrattuali della Pubblica amministrazione, risulta:365 gg/anno - 36 ferie - 4 festività soppresse = 325 gg325/4 = 81 turni (81 mattine, 81 pomeriggi, 81 notti, 81 riposi) con il resto di 1.Balza agli occhi che, per poter rientrare nella categoria dei lavori usuranti così come è stata votata alla Camera (un tetto minimo di 80 turni notturni), il lavoratore potrà ammalarsi (o prendere un permesso o far fronte ad una emergenza) solo 5 giorni in un anno (una sindrome influenzale è già troppa), poiché se scende sotto la soglia dei 320 giorni complessivi, non può raggiungere gli 80 turni notturni. A meno che non decida di ammalarsi a incastro (solo quando è in turno pomeridiano o mattutino)!La proposta governativa contiene una involontaria dose di ironia laddove, ripristinando la base minima degli 80 turni annui, si pone a sostegno della tesi che coloro che superano gli 80 turni notturni/anno devono godere di una salute ferrea; ergo, almeno per loro, non è vero che le notti siano usuranti; ma nello stesso tempo questi lavoratori "robusti e fortunati" sono "premiati" con la possibilità di anticipare il pensionamento.Invece, i lavoratori "più fragili" che per qualche ragione di salute non riescono a raggiungere il tetto delle 80 notti perdono il diritto ad andare in pensione anticipatamente.Siamo al festival del grottesco e del contraddittorio.Stabilire una base minima di 60-65 turni/annui dimostrerebbe che i lavoratori vengono (ancora) considerati, almeno dai legislatori se non dai datori di lavoro, come persone e non solo risorse-fattori produttivi. Invece ancora nel terzo millennio il lavoro come merce non è scomparso.
Piercarlo Albertosi e Grazia Paoletti - Associazione Luigi Longo
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