06 luglio 2007
Sui giornali nazionali e in molte realtà locali abbiamo osservato un fenomeno che suscita preoccupazione. Si registrano infatti numerosi incontri fra dirigenti e/o personalità istituzionali di Sinistra Democratica, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Socialisti, Verdi - non sempre peraltro tutti o tutti insieme - ma appare nullo il coinvolgimento delle associazioni, dei movimenti, dei comitati o delle singole persone che con tanto entusiasmo e tante aspettative hanno aderito fin dalla fondazione a Sinistra Democratica: insomma, il popolo del 5 maggio.
Siamo ben consapevoli che il movimento ed il processo unitario sono in fase iniziale, ma il fatto che - in troppi territori - esso abbia avuto inizio con sostanziali esclusioni non ci sembra un buon segnale. Peraltro, in molti di questi incontri (soprattutto nelle realtà interessate dalla tornata elettorale del 2008) si comincia a parlare esplicitamente e con crescente convinzione di liste comuni fra PdCI, Rifondazione, Sinistra Democratica (con significative e freudiane dimenticanze).L'idea di presentare liste unitarie è una buona idea perché da una parte obbliga le forze politiche a ragionare in termini unitari (e non concorrenziali) sulle tematiche locali e dall'altra rende il processo unitario plasticamente visibile alla platea degli elettori e dei simpatizzanti di sinistra. Ma se la questione si fermasse qui ed il percorso unitario non si spingesse in avanti verso l'unità organizzativa si tratterebbe di pura tattica politicista che avrebbe il fiato corto. Anche al più sprovveduto degli elettori apparirebbe contraddittorio il fatto di essere chiamato a votare per rappresentanti unitari della sinistra mentre essa continua ad essere organizzativamente "separata e plurale", magari - ben che vada - con un accordo federativo che sarebbe sempre esposto a difficoltà o a valutazioni tattiche di qualche partito.
Ci pare perciò logico pensare che l'unità nella rappresentanza postuli una conseguente unità anche strutturale ed organizzativa. Processo non facile, non privo di resistenze (anche su nobili contenuti), ma coerente con la scelta di unificare la rappresentanza istituzionale. Lo stallo su una nuova seria legge elettorale e la rincorsa delle ultime settimane del referendum non aiutano.
La proposta federativa è una buona idea che consentirebbe di mettere tutti i soggetti (non solo partitici) a ragionare sulle cose, a riscoprire la categoria dei pensieri lunghi, a porre le basi per la costruzione di un progetto politico "generale e condiviso" di trasformazione della società, di porre nell'azione politica immediata alcune priorità valoriali partendo dalle cose che già oggi uniscono; ma il percorso federativo ha una sua forza intrinseca se è inteso come passaggio e se è propedeutico alla unificazione anche organizzativa della sinistra. Ergo, al partito della sinistra.
Diversamente, abbiamo l'impressione che qualcuno voglia solo prendere tempo per resistere e far "passare la nottata" o magari per preparare un progetto diverso, ad esempio l'unità dei comunisti. Cosa, quest'ultima, dignitosa e non priva di ragioni e di consenso, ma che andrebbe esplicitata in partenza con il coraggio e l'onestà intellettuale che dovrebbero contraddistinguere qualunque dirigente della sinistra.
Piercarlo Albertosi, Luigi Mannelli, Grazia Paoletti, Simona Zoccola - Associazione Luigi Longo
sabato 5 aprile 2008
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